Il concetto di post-verità applicato al calcio: Tonelli, i rigori, Pjanic, le espulsioni

La battaglia contro le fake news sembra una partita persa: migliaia di sciocchezze vengono veicolate dai social, spesso accompagnate da didascalie scandalistiche per sollevare l’indignazione di osservatori ingenui.
Molti sorridono (solitamente i meno ingenui), molti altri cascano in false informazioni convincendosi che taluni concetti siano reali rappresentazioni della realtà.

Il terzo weekend di campionato è la perfetta esasperazione di tali concetti: i due episodi principali accaduti tra sabato e domenica hanno portato nell’arena virtuale dei social e della televisione una serie infinita di presunte norme, misteriose direttive e strumentali omissioni.

Torno, dunque, sugli episodi che hanno coinvolto Pjanic in Parma-Juventus e Tonelli in Sampdoria-Napoli.

Come si affrontano le false affermazioni diffuse da social e media in generale?
Semplice: con le fonti originali, in particolare il regolamento, vera ed unica pietra angolare per l’approfondimento delle fattispecie specifiche.

Il vero problema, anche in ambito calcistico, è quello che mirabilmente scrisse già nel 2016 l’Accademia della Crusca, a firma di Marco Biffi:
Le caratteristiche e le dimensioni assunte dal fenomeno ai nostri giorni sono però diverse e ci sono alcuni fattori che in particolare devono essere sottolineati, tutti legati alla rete: la globalità, la capillarità, la velocità virale della diffusione delle varie post-verità; e poi la generalità e genericità degli attori che possono alimentarle, spesso con una propaganda nascosta e inaspettata che può provenire da pseudo-istituti di ricerca, da esperti improvvisati. E se tutto questo riguarda la produzione della post-verità, non meno preoccupante è l’analisi della sua ricezione: perché c’è una complicità molto forte da parte di chi “subisce” il dato emotivamente accattivante o di parte, visto che il dato è quasi sempre facilmente verificabile con mezzi endogeni, facilmente accessibili attraverso la stessa rete (…). Si tratta cioè di un ‘dopo la verità’ che non ha niente a che fare con la cronologia, ma che sottolinea il superamento della verità fino al punto di determinarne la perdita di importanza. (…) La post-verità, infatti, spesso finisce per scivolare nella “verità dei post”“.
Il testo completo lo trovate a questo link.

E’ un fenomeno a cui stiamo assistendo ormai da parecchi anni e che è destinato ad aumentare con la diffusione capillare dei social, attraverso i quali si veicola di tutto: opinioni senza fondamento, teorie senza basi, diritto senza legge, scienza senza conoscenza, promesse senza risorse, punizioni senza colpe accertate.
Insomma, circola di tutto e può capitare che anche persone colte, serie, attente alle fonti possano cadere in falsi miti, a loro volta divenendo veicoli inconsapevoli di false informazioni.

Il cosiddetto debunking è attività dispendiosa perché impone ricerca, approfondimento e dimostrazione dell’infondatezza di talune affermazioni ma soffre di un deficit (quasi) impossibile da colmare: la diffusione.
Diffondere (in gergo: rendere virale) una sciocchezza è facilissimo: è sufficiente trovare un’immagine generica, aggiungere una breve didascalia, descrivere il tutto con un’affermazione verosimile, clickare sul tasto “pubblica” ed il gioco è completo. Raggiungere tutti coloro che, limitandosi ad assorbire un concetto senza riflettere, si sono convinti di una certa tesi diventa obiettivo sovrumano.

In questo anno e mezzo di blog ho provato a smontare tanti “falsi miti” del calcio, dedicando anche un approfondimento tra il serio ed il faceto (questo, scritto nel novembre dello scorso anno) e spesso riferendomi ad episodi specifici (per esempio questo, pubblicato nello scorso gennaio e che riguarda anche l’argomento di cui tratto oggi). Oltre al blog questa (complessa) attività viene portata avanti su un gruppo che, giorno dopo giorno, continua a popolarsi di tante persone col desiderio di andare al bar e spiegare quel che veramente dice il regolamento: lo trovare a questo indirizzo, su Facebook.

Partiamo da sabato e dal fallo di Pjanic al 13esimo minuto.

Per comprendere di cosa si stia parlando, dobbiamo individuare gli elementi da considerare. Il punto di partenza è sempre e solo il regolamento:

Una volta individuato il passaggio del regolamento conferente con l’episodio di cui stiamo discutendo, lo step successivo è l’immagine del contatto in sé:

Questo è il metodo che utilizzo per qualsiasi episodio, non solo per questo: individuazione della norma, applicazione della fattispecie all’episodio specifico.
Grazie a questo semplice esercizio (che, per quanto mi riguarda, è questione di pochi secondi, conoscendo piuttosto bene il regolamento che ho applicato per quasi due decenni) possiamo individuare un primo concetto che spesso sfugge ai più: la differenza tra fallo grave di gioco e condotta violenta.
In particolare il fallo grave di gioco si concretizza nel momento in cui vi sia un’infrazione di rilevante intensità con contesa del pallone. In mancanza di contesa del pallone si concretizza invece la fattispecie della condotta violenta. Un esempio della seconda ipotesi l’abbiamo avuta proprio domenica sera, con la manata di Schiattarella a Belotti (avvenuta a gioco fermo e, pertanto, col pallone non in gioco):

Il medesimo regolamento ci “regala” una seconda certezza: il discrimine tra grave fallo di gioco e condotta violenta non importa una depenalizzazione della sanzione disciplinare. Per tal motivo è sbagliata l’affermazione secondo cui la contesa del pallone giustifichi un’ammonizione invece di un’espulsione. L’unica differenza tra le due fattispecie è la diversa gravità ai fini del giudizio disciplinare successivo: una fallo grave di gioco comporta (solitamente) una sola giornata di squalifica, la condotta violenta più giornate di squalifica.
Altra falsa informazione: secondo alcuni l’espulsione sarebbe stata eccessiva poiché non ci sarebbe stato un contatto pericoloso per l’integrità del giocatore Di Gaudio. Ebbene, ai fini regolamentari non è necessario (per fortuna!) che il calciatore irregolarmente contrastato si spacchi qualcosa: non è certo un caso che il regolamento citi una situazione in cui venga messa “in pericolo l’incolumità dell’avversario”. Ciò che conta non è l’effettivo danno subito ma solo il potenziale pericolo derivante da un fallo grave di gioco.
Abbiamo questi elementi nell’episodio che stiamo affrontando?
Assolutamente sì: velocità elevata, piede cosiddetto “a martello”, ginocchio disteso, gamba sollevata da terra. In casi di questo genere e in ipotesi di contatto diretto tra piede e gamba, il pericolo di danni gravi è elevato. Ed è questo che conta: la previsione normativa secondo cui debba essere espulso un calciatore che metta in pericolo l’incolumità dell’avversario è stata elaborata per punire chiunque si disinteressi delle possibili conseguenze della propria irregolarità. Se si dovesse espellere un calciatore solo in caso di danni concreti, allora potremmo eliminare del tutto questa fattispecie: è rarissimo (per fortuna) che un calciatore provochi problemi fisici all’avversario.

Il secondo episodio riguarda il tocco di mano di Tonelli al 52esimo minuto di Sampdoria-Napoli.
Inizialmente lo avevo del tutto ignorato non perché non l’avessi notato ma perché è un episodio talmente semplice da apparirmi concreto il rischio di annoiare i lettori.
In realtà, con mia notevole sorpresa, in decine mi hanno chiesto un parere in merito, a tal punto da convincermi ad aggiungere un breve paragrafo in merito.

E’ un episodio che ricorda molto da vicino il tocco di mano di Koulibaly in occasione di Napoli-Bologna (qui il testo completo). L’unica differenza (peraltro marginale, come vedremo più avanti) è la distanza tra il difensore e l’attaccante autore del tiro (Palacio, non Verdi come erroneamente da me indicato ieri). Per il resto si tratta di episodi del tutto identici.

In questo caso non parto dal regolamento ma da un tweet di questa mattina che mi ha particolarmente colpito e che descrive perfettamente il concetto di “post-verità”:

Ho dialogato molto con questo utente e, dopo una decina di risposte incrociate, mi sono ritrovato con quest’ultimo tweet che contiene, nell’ordine:
– due affermazioni ininfluenti (Ounas è fuori area e Tonelli sul dischetto del rigore: oggettivo)
– un dato che non ha alcuna importanza (pallone diretto in porta)
– due affermazioni false (braccio largo, nessun giocatore davanti)
– conseguenze dovute alla personale convinzione basata su affermazioni superflue o totalmente false.

Torniamo al nostro regolamento.
Cosa dice in merito alla punibilità dei tocchi di mano?

Questi sono i parametri di base da tener presenti e si nota da subito il fatto che, nel corso del tempo, il concetto di volontarietà del tocco di mano si è sempre più spostato verso la colposità, cioè un comportamento non voluto ma con la percezione che, in presenza di taluni particolari, il tocco di mano debba essere ugualmente punito.

Il tocco di mano è punibile se la mano si muove verso il pallone e se NON si tratta di pallone inaspettato. Oltre a ciò sono stati introdotti altri parametri che vanno considerati ai fini della valutazione dell’arbitro e che potete trovare in questo approfondimento del marzo 2017. Per fortuna tali parametri non servono per analizzare il tocco di mano di Tonelli.

Torniamo, dunque, all’episodio.
Milik serve Ounas al limite dell’area che tira in porta di prima intenzione:

Il tiro è potentissimo tanto che, dal momento del calcio a quello in cui il pallone impatta con Tonelli, passano la bellezza di 2 decimi di secondo circa.
Ripeto: due decimi (scarsi) di secondo.
Siamo ancora sicuri che tre metri o sei metri (come in questo caso) siano così decisivi?
Provate questo “giochino” per rendervi conto personalmente di cosa siano due decimi di secondo scarsi:

test di reazione visiva ad un impulso

Focalizziamo l’attenzione su Tonelli: si sta muovendo in avanti, con le braccia in posizione assolutamente naturale e non tenta nemmeno di ripararsi, ciò che farebbe un qualsiasi calciatore opponendosi ad un tiro in porta.
Il motivo?
Semplice: non si aspettava la conclusione a rete, tanto da trovarsi totalmente impreparato a contrastare la conclusione a rete.
Oltre a ciò, osservate lo sguardo di Tonelli: sta guardando il braccio? No, sta guardando in direzione di Ounas. Un calciatore che voglia volontariamente allargare il braccio per intercettare il pallone cosa guarderebbe? L’avversario od il pallone?

Secondo frame:

Questo è il momento ESATTO in cui il pallone calciato da Ounas colpisce la mano di Tonelli. Come sappiamo, uno dei parametri da tener presente per la valutazione della punibilità è proprio la posizione del braccio: posizione naturale od innaturale tale da aumentare il cosiddetto “volume corporeo”. Ebbene, nel momento del contatto il braccio di Tonelli è esattamente lungo il corpo, in posizione naturale e non si muove minimamente verso il pallone.

Il braccio si apre (e di parecchio) DOPO il contatto col pallone:

Perché si apre in questo modo?
Semplice se non banale: perché il pallone impatta violentemente contro il braccio, non posizionato per intercettare il pallone stesso ma lasciato aderente al corpo in modo naturale e non irrigidito, proprio perché Tonelli non si aspettava di trovarselo addosso.

Esattamente quel che accade nello scorso gennaio nell’episodio che coinvolse Koulibaly:

Subito dopo il contatto, il braccio di Koulibaly ebbe uno scarto all’indietro (come Tonelli domenica) perché il pallone inaspettato colpì un braccio non posizionato volontariamente come ostacolo.

E’, infine, incredibile che ancora oggi abbia rilevanza un video palesemente taroccato che circolò in quei giorni, secondo il quale (eliminando scientemente un paio di frames) Koulibaly non avrebbe nemmeno toccato il pallone con il braccio ma con la coscia.
Ebbene, come già evidenziato il giorno dopo, Koulibaly non toccò mai il pallone con la coscia ma solo ed unicamente con la mano, come ben si nota dall’immagine frontale:

L’ultima immagine rappresenta il momento esatto del contatto tra pallone e braccio di Koulibaly. L’aspetto più paradossale di questa bufala che ancora oggi circola è che si volle trovare una giustificazione alla mancata concessione del rigore inventandosi un tocco di coscia mentre la spiegazione aveva una base molto più solida: il regolamento.

Torno, infine e brevemente sul tweet sopra citato per l’ultima informazione falsa, secondo la quale Tonelli non avrebbe avuto nessuno davanti a sé.
Torniamo alla prima immagine:

Al momento del tiro davanti a Tonelli c’è Barreto che sta tentando di opporsi al tiro (girandosi di schiena, comportamento fisiologico per evitare un contatto violento col pallone). Non è certo un caso che Tonelli stesso venga sorpreso in posizione passiva sul tiro di Ounas…

11 commenti
  1. Luca Cunzolo
    Luca Cunzolo dice:

    Scusami se torno su un episodio della prima giornata, ma volevo chiederti cosa ne pensassi dell’atteggiamento dell’arbitro Banti nei confronti di Radu che per due volte aggredì Callejon, nella seconda occasione addirittura portando le mani sul collo dell’avversario. Quali sanzioni avrebbe meritato il calciatore biancoceleste? Grazie.

    • Luca
      Luca dice:

      Ahah, nessun problema, la prossima volta spero che il web non mi dia problemi per pubblicare i commenti a ridosso dei fatti. Comunque grazie mille per avermi risposto e per le informazioni che ci offri ogni giorno.

    • LUCA MARELLI
      LUCA MARELLI dice:

      Mi vien difficile individuare imprudenza.
      Secondo me è stato corretto limitarsi al rigore, al limite si poteva ipotizzare una SPA ma, come sappiamo, in caso di tentativo genuino di giocare il pallone (come in questo caso) la SPA in area viene depenalizzata.

  2. Sandro Caggiano
    Sandro Caggiano dice:

    …però nulla ha detto sul “fallo” fischiato al gol di Milik.
    Fuori dall’area del portiere (se fosse necessario), Milik fermo nella sua posizione… portiere che sbaglia l’uscita, non prende il pallone … gol.
    Il fallo dove è?

  3. mariano
    mariano dice:

    chiedo scusa, ma il tiro di ounas è o no diretto verso la porta? in questo caso non ci dovrebbe stare nessuna volontarietà x decretare un calcio di rigore…. tonelli ha salvato un gol con la mano… adesso voluto o no ma lo ha salvato….

    • LUCA MARELLI
      LUCA MARELLI dice:

      Ai fini della valutazione della volontarietà o meno non conta nulla la direzione del pallone: che andasse verso la porta od al secondo anello non cambia nulla.

  4. Francesco
    Francesco dice:

    Signor Arbitro, la sua spiegazione è esauriente, tuttavia colgo un paio di punti rispetto ai quali è contestabile.
    1) La posizione di Barreto : non ostruisce minimamente la visuale di Tonelli.
    2) Il documento da lei fornito , nel punto in cui menziona il pallone inaspettato , fa riferimento esclusivamente alla distanza, non ai decimi di secondo trascorsi. E in questo caso mi sembra che la distanza sia sufficente per legittimare un calcio di rigore.
    Per il resto, considerando la posizione del braccio, il movimento naturale del difensore , mi ha convinto della involontarietà del tocco.
    Con cordialità, Francesco

    • LUCA MARELLI
      LUCA MARELLI dice:

      1 – Come fai ad esserne sicuro? Eppure non abbiamo visto altre inquadrature 😉
      2 – vero, manca una precisazione sulle direttive. Il Regolamento è anche interpretazione e, nel concetto di pallone inaspettato, viene da anni considerata anche la velocità col quale il pallone “compare” davanti al difendente, esattamente come accaduto a Koulibaly (coperto da un compagno) ed a Tonelli (coperto da Barreto dato che corre verso la sua destra mentre, in partenza, si trova dietro al compagno).
      Buona serata.

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