Dario Sammartino ed il sogno italiano nei Mondiali di poker

Il poker è un passatempo nel quale conta solo la fortuna e, pertanto, si tratta di un gioco d’azzardo“.
E’ una delle frasi ricorrenti, la classica affermazione buona per le discussioni da bar durante le quali si affronta qualsiasi argomento senza aver cognizione di causa.

Mai negato: oltre allo sport tradizionale ho sempre coltivato una sana passione per il poker. Nessun colpo di testa, sempre e solo tornei online da pochi euro con qualche live di puro divertimento, senza alcuna ambizione di diventare un professionista del tavolo verde.
Anche perché, in tutta franchezza, non ho mai sviluppato adeguatamente le capacità necessarie per poter ambire a traguardi importanti.

Negli anni ho raggiunto un 58esimo posto all’IPT di Sanremo 2010, a ridosso della zona premi. La quota di iscrizione? 2.200 euro che, però, non spesi: mi qualificai attraverso una serie di satelliti su Pokerstars, partendo da uno step del costo di 1 euro.

Era un periodo strano: avevo appena smesso di arbitrare, ero avvocato da tempo ma stavo percorrendo una strada mai sperimentata prima, quella di non sapere esattamente quel che avrei fatto nel futuro.

Ancora oggi ogni tanto dedico qualche serata al poker online, sebbene il tempo a disposizione sia decisamente pochissimo.

Perciò sono un giocatore d’azzardo?
Assolutamente no ma è un concetto tanto complesso da far comprendere da risultare ostico come il superamento dei “favori arbitrali” nei confronti di una società. Alla fine ci si arrende, si prova a spiegare una decisione ben sapendo che qualcuno (anzi molti…) continueranno a credere alla malafede, alla sudditanza psicologica (sic…) o ad altre baggianate del genere.

Quando ho iniziato?
Durante i raduni di Coverciano, nelle lunghe e noiose serate post cena, durante le quali ci si ritrovava nella stanza di un collega con i propri portatili per giocare qualche MTT (multi table tournament) da 2 o 5 euro. Nulla di che, solo un modo per stare assieme, ridere e scherzare. C’erano arbitri ancora oggi in attività, alcuni che hanno smesso.

Inutile sottolineare che nessuno di loro ha continuato dato che, come detto, si trattava di un metodo più di socializzazione che di ricerca del guadagno (di cui, onestamente, non avevamo bisogno). Ricordo ancora con divertimento delle partite nella sala comune con un ricco montepremi di 40 euro, per i quali passavamo ore a pensare sulla mossa da compiere.

Insomma, amo il poker americano (il Texas Holdem), un giochino che sembra facile ma, al contrario, è di una difficoltà immensa.
E non è certo un caso che i giocatori vincenti abbiano costruito la propria carriera nel tempo, non certo con colpi di fortuna infiniti ma con applicazione, studio, costanza. E con qualche inciampo sul quale non voglio soffermarmi in questa sede.

In questo mondo ho conosciuto persone detestabili ma anche ragazzi che, col tempo, sono diventati buoni amici, come Marco Bognanni, recentemente sconfitto in heads up (l’uno contro uno finale in un torneo) a Las Vegas (sede delle WSOP, quelle che possono a buon diritto considerarsi i campionati mondiali della specialità) in un field da 2808 giocatori, arrendendosi solo all’americano Robert Mitchell e portando a casa un premio di 183.742 dollari:

Sì, avete letto bene: oltre 180mila dollari per un torneo di poker, non proprio quattro soldi.
Ma attenzione: non si pensi che si tratti di un periodo di fortuna, Bognanni (come tanti altri) vince con continuità da un decennio abbondante ed è partito giocando pochi centesimi alla volta, costruendo nel tempo il bankroll sufficiente per partecipare a questi eventi di rilevanza mondiale.

In questi giorni si sta svolgendo il tavolo finale (in pratica l’atto conclusivo) del Main Event delle WSOP che, come da tradizione, chiude la rassegna iridata, quest’anno svoltasi su un totale di 73 competizioni che, come sempre, hanno visto sfidarsi tutti i migliori del mondo. Una tradizione che ormai è arrivata alla 50esima edizione dopo l’esordio a Las Vegas nel 1970, in un’edizione che prevedeva solo 5 tornei.

Il Main Event è il sogno di ogni appassionato: il costo di 10mila dollari può sembrare proibitivo ma è un buy in che, a quei livelli, è addirittura da considerarsi modesto dato che esistono tornei da un milione di dollari. Sono eccezioni, sia chiaro, per milionari e per professionisti di altissimo livello ma esistono.

In questa edizione sono stati 8569 gli iscritti.
Sì, avete letto bene: oltre 8mila iscritti.

Nella storia delle WSOP solo tre italiani sono riusciti ad arrivare all’evento conclusivo, al tavolo finale di cui si diceva prima:

  • Filippo Candio, nel 2010

  • Federico Butteroni nel 2015

  • Dario Sammartino, in questa edizione

Nel 2010 Candio chiuse al quarto posto portando a casa circa tre milioni di dollari di premio, nel 2015 Butteroni (un assoluto outsider, poco conosciuto prima del final table a differenza di Candio che già era professionista da parecchi anni) chiuse ottavo per poco più di un milione di dollari.

Oggi seguiamo invece Dario Sammartino, terzo italiano di sempre al final table del Main Event e che ci rappresenta non certo per caso.
Sammartino, infatti, è tutto fuorché un occasionale: è un professionista che, negli anni passati, ha raggiunto tanti risultati di prestigio sia nel live che online. Si tratta di uno dei giocatori più apprezzati non solo in Italia ma nel mondo intero, ruolo a cui è arrivato con una serie infinita di piazzamenti.

32enne napoletano, in realtà da un paio d’anni non vive solo al poker. Anzi, al contrario, il poker è diventata una parte della sua vita nella quale si è dedicato alla cura degli investimenti effettuati proprio con le vincite al tavolo verde.
Quando la passione chiama, però, c’è poco da fare, soprattutto se l’occasione sono i mondiali, con la possibilità di sfidare migliaia di professionisti ed amatori, in un field che più variegato non potrebbe essere.

Dopo 8 giorni di competizione (sì, sono otto giorni che giocano), Sammartino è ancora schierato tra i cinque finalisti di questa edizione che, per la prima posizione, prevede un premio di 10 milioni di dollari.

Al momento non si trova in una posizione comoda: è ultimo con circa 23 milioni di chips, con pochissimo margine di manovra ma con la speranza di poter ancora dire qualcosa nella corsa al braccialetto (il simbolo che viene consegnato a chiunque vinca un evento, oltre al premio in denaro). Sarà difficile evitare l’uscita durante la nona giornata del torneo, ben sapendo che, in ogni caso, si è già assicurato almeno 2,2 milioni di dollari, il premio previsto per il quinto classificato.

Purtroppo viviamo in un paese strano, nel quale si spendono miliardi di euro per lotterie, gratta e vinci, macchinette mangiasoldi e altre amenità del genere, per le quali l’unica via di vittoria è la fortuna di trovare il biglietto giusto. Al contrario da anni si chiede una regolamentazione del poker, soprattutto live, che non è mai arrivata. Ormai da dieci anni è impossibile sfidare online (perlomeno lecitamente…) i giocatori di altri paesi dato che gli italiani sono costretti a confrontarsi solo all’interno dei confini per il divieto di partecipare a room online internazionali. Da un paio di anni si discute della cosiddetta “liquidità condivisa” cioè della possibilità di un accordo tra vari stati per autorizzare giocatori di più paesi a sfidarsi su una piattaforma comune (ciò che consentirebbe di generare montepremi più alti) ma la sensazione è che il populismo avrà il sopravvento fino a quando la materia non verrà affidata a mani esperte, a persone che sappiano di cosa si discute senza limitare la discussione a stupidaggini come “il gioco d’azzardo rovina la famiglie”.
Perché la verità è un’altra: le famiglie vengono rovinate dal gioco d’azzardo, questo è fuor di dubbio. Ma il gioco d’azzardo è il gratta e vinci o la roulette, non certo il poker sportivo che prevede senza dubbio nel breve periodo una componente marginale di fortuna ma che, nel lungo periodo, premia chi approccia la disciplina con intelligenza, prudenza e approfondimento.

Chissà che la cavalcata di Sammartino non possa dare nuovo impulso alla specialità, magari spingendo a quelle innovazioni di cui il morente movimento italiano ha assoluta necessità.

Magari evitando che personaggi come Sammartino siano costretti ad emigrare in altri paesi per poter trovare motivazioni e prizepool adeguati…

Appuntamento per la nona giornata alle 3.00 di questa notte. Orario impossibile (almeno per quanto mi riguarda) ma certamente domattina controlleremo subito se il sogno continua o se Sammartino si sarà dovuto “accontentare” di una posizione comunque straordinaria.

Edit: altra gran giornata per Sammartino che ha gestito da par suo il ridotto stack a disposizione riuscendo ad arrivare all’atto finale che lo vedrà opposto a Ensan (Germania) e Livingston (Canada).

Questi gli stack a disposizione alla partenza dell’ultimo atto:

Hossein Ensan (Germania):     326,800,000
Alex Livingston (Canada):        120,400,000
Dario Sammartino (Italia):        67,600,000

6 commenti
  1. Torquato
    Torquato dice:

    Ciao Luca,
    Ti chiedo scusa per la non pertinenza con questo articolo, e nuovamente scusa perché la domanda che sto per fare probabilmente ti giunge in un momento in cui vuoi staccare la spina e non ti va di parlare di calcio né di episodi arbitrali.
    Ma…
    Hai visto il rigore dato e poi revocato al Senegal nella finale con l’Algeria? Perché secondo me era un episodio proprio al limite…
    Sarei molto curioso di sapere la tua opinione.
    Ti incollo qui di seguito il link nel caso non l’avessi visto.
    Grazie un saluto
    https://www.youtube.com/watch?v=jYSAoLG1G_8&t=1m48s

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      L’ho visto adesso per la prima volta.
      Mai rigore, braccio basso e vicino al corpo. Si allarga leggermente ma solo per dinamica del movimento del corpo.
      Rigore che non si può mai concedere e tantomeno avallare al VAR.

  2. grigio
    grigio dice:

    Luca, aspettavamo qualche tuo commento sui nuovi organici AIA, come da tua risposta del 1 luglio scorso …

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Hai ragione ma sono veramente molto stanco. Peraltro non c’è stata alcuna sorpresa, pertanto non c’è chissà quale argomento da discutere.
      In ogni caso me ne scuso ma ho bisogno di “staccare” un po’.

  3. Giuseppe
    Giuseppe dice:

    Ciao Luca.
    Stavo seguendo le vicende di Sammartino grazie anche a Giorgo Sigon che aggiornava passo passo sul torneo.

    Purtoppo, come hai detto te, viviamo in un paese ancora indietro su questi ed altri eventi dove si punta a risaltare sull’aspetto negativo piuttosto che dare una completa informazione.

    Ti faccio un esempio pratico nel campo dove lavoro ossia gli Esports ossia le competitizione dedicate ai videogiochi:
    Lo scorso weekend “Riccardo “Reynor” Romiti ha vinto il WCS Summer di Starcraft con primo premio da 20.000€
    Riccardo ha solo 17 anni e alterna con successo sia la carriera da pro che quella di studente.
    Purtroppo come nel caso del poker, anche in questo ambito viene risaltato solo l’aspetto negativo.

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      In realtà credo che il problema sia un po’ differente: non c’è interesse mediatico. Prova ne è il fatto che il poker è praticamente sparito dai palinsesti, se non sbaglio fan vedere giusto qualche evento su D-Max.
      Lo stesso vale per gli E-sport (che, onestamente, mi annoiano terribilmente).
      Purtroppo l’attenzione si abbassa con l’abbassarsi della partecipazione: dopo il boom del 2008-2011, il poker è sempre andato in calando in Italia, soprattutto perché hanno via via lasciato i giocatori più scadenti, quelli che giocavano senza regole e che, come è normale che sia, si sono ritirati dopo aver perso somme più o meno ingenti.
      Una via d’uscita sarebbe la liquidità condivisa che, generando montepremi più alti, potrebbe riportare ai tavoli molti appassionati ma, purtroppo, con le condizioni di governo attuale tutto viene visto con estrema ignoranza. Non che mi sorprenda, non possiamo sorprenderci se tutto viene affrontato con ignoranza se i due vice premier, sommati, non sanno far altro che sloganeggiare da mattina a sera…

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