Totti, la televisione e le bandiere che non c’entrano nulla…

E’ una semplice riflessione personale che non ha nessuna pretesa di essere LA verità. Come sempre, su un calciatore che rappresenta una parte di una storia come quella della Roma, ci saranno i tifosi, i ragionatori, gli haters.
Non fa parte di questo ragionamento il calciatore Totti, gli sputi od i calcioni, le dichiarazioni del passato e quelle del futuro, con le quali (al limite) avremo un quadro più chiaro di quel che è realmente successo. Perché, ad oggi, noi tutti abbiamo la versione di una sola parte che, ieri pomeriggio, si è espressa senza contraddittorio. Parlare senza contraddittorio non è quasi mai sinonimo di verità ma, al contrario, è quasi sempre sinonimo di realtà personale.

I presidenti passano, gli allenatori passano, i giocatori passano, ma le bandiere non passano“.
Può essere ma manca un passaggio: le bandiere, dopo tanti anni, possono anche essere ammainate e sostituite con altre più attuali. E funzionali.

La Roma è stata Totti? Sì, per oltre vent’anni. Ma è stata anche Falcao, Pruzzo, Di Bartolomei, Ancelotti, De Rossi. In futuro potrebbe essere Pellegrini o Florenzi (anche se stiamo parlando di giocatori con qualità molto inferiori).

Il vero problema di questa vicenda è molto più ampio di quel che si potrebbe pensare.
Viviamo in una società nella quale tutto sembra dovuto: abbiamo dirigenti dello Stato che non hanno mai lavorato un giorno in vita loro, televisioni piene di cialtroni che si sentono depositari della verità per aver calcato importanti campi di Promozione, ruoli da opinionisti ricoperti da gente della strada e che diffondono teorie complottare che fan parte delle mie stesse discussioni. Di quando avevo 12 anni…

Ieri, dopo aver visto ed ascoltato la conferenza stampa di Totti, ho semplicemente chiesto sui social cosa ne pensassero gli utenti di quanto sentito. A volte (anzi: molto spesso) leggere è più istruttivo che lanciarsi in approfondimenti spuri, senza le minime basi per giudicare quel che è l’ambiente nel quale si è consumato un certo avvenimento.

Ebbene, ieri ho notato quel che non mi aspettavo, vale a dire la consapevolezza di molti che un grande, straordinario, unico giocatore non possa per grazia divina diventare un dirigente di primo livello in tempi brevissimi.

E’ esattamente quel che penso.
Negli anni di serie A sono stato spesso designato per partite della Roma (anche se solo da quarto ufficiale, non ho mai avuto l’occasione di essere in campo) e non nascondo che mi capitava (colpevolmente) di perdermi nell’osservare Totti sul terreno di gioco. Sì, perché anche gli arbitri a volte sono umani e possono “imbambolarsi” guardando le azioni, i movimenti, le capacità dei singoli calciatori. Mi è capitato con Di Canio, con Kakà, con Del Piero, con un sontuoso talento come Luis Figo. Entriamo nel campo dei ricordi, evito per annoiarvi…

Ciò che mi ha lasciato più che perplesso ascoltando Totti è che, dopo soli due anni da dirigente, lo stesso pensasse di essere già ad un tale livello da poter decidere tutto in una società con un giro d’affari di circa 200/250 milioni di euro.

Ed è proprio questo, a mio parere, l’errore più grave: pensare di essere pronti ad un ruolo di questo genere per il sol fatto di essere stato un giocatore straordinario. Un po’ come accade nel mondo arbitrale (e questo lo scrivo con cognizione di causa): chi chiude la propria attività pensa di essere il numero uno per conoscenze tecniche e per capacità di giudizio.

In realtà (e scrivo ancora per esperienza personale) nel momento in cui ho deciso di apparire per le prime volte in pubblico mi sono accorto di sapere ben poco, non solo per quanto concerne i tempi televisivi ma anche sotto l’aspetto tecnico.
A maggior ragione è stato veramente difficile calarsi in una realtà differente, nella quale le persone non chiedono più una difesa d’ufficio ma una spiegazione tecnica di quanto accade in campo.
Ma non è tutto uguale? Alla fine in campo ci son stato e che cosa cambia tra giudicare sul terreno di gioco e giudicare dal video?
Cambia tutto.
Gli anni passati in campo sono stati magnifici ma rappresentano una sorta di bolla, nella quale tutto è giustificato e giustificabile. Un periodo durante il quale non è necessario confrontarsi con l’opinione altrui perché si deve semplicemente scendere in campo, arbitrare e tornare alla propria dimora. Il gesto tecnico in sé è quasi banale, tutto diventa più difficile nel momento in cui si deve spiegare il perché qualcosa è stato deciso in un certo modo. Ciò è abbastanza “facile” nel chiuso di una riunione a Coverciano, luogo nel quale volano “cazziatoni” degli organi tecnici ma che rimangono all’interno di quattro mura.
Più complesso uscire da quelle porte e cercare di comunicare col mondo esterno.

Un mio caro amico un paio di anni fa mi disse: “Tecnicamente sei molto migliorato nell’esposizione dei fatti, qualche tempo fa sembrava di ascoltare uno dei tanti elefanti che ancora girano per radio e televisioni ma che si sono abituati a parlare con terminologie più da bar che da regolamento“.

Ebbene, Max, avevi ragione: perché rivedendo anche solo alcuni post scritti sui social qualche anno fa mi accorgo di aver approfondito alcune tematiche che, ai tempi dell’attività sul campo, davo per scontate. Le sapevo applicare (e ci mancherebbe) ma non conoscevo approfonditamente le basi di alcuni concetti. Perché un arbitro, esattamente come un calciatore, in campo si fa guidare molto dall’istinto e dalle capacità naturali. Solo in un secondo momento inserisce nella naturalezza le direttive che vengono impartite.
E così un arbitro impara a muoversi sul campo con una logica, impara a concedere la norma del vantaggio non a caso ma con raziocinio, comincia a capire il momento in cui una partita cambia “ritmo”, adeguandosi.

Una volta finita la carriera (per modesta che sia, come la mia), inizia un travaglio accompagnato sempre da una domanda: “e adesso che faccio?“.
C’è chi rimane nell’associazione, chi sceglie di diventare dirigente di una società, chi scrive libri e chi si lancia in intemerate televisive sperando di arrivare grazie al nome sulle emittenti più importanti. Qualcuno ci riesce, molti spariscono dopo poco tempo.

Ciò che emerge, dopo tanti anni, è che qualcuno in televisione c’è ancora, molti sono del tutto spariti, altri compaiono a spot in alcune radio con la (vana) speranza di recuperare un contratto da qualche parte.

In questi anni ho dovuto ricominciare da capo, rendendomi conto molto, molto lentamente che aver raggiunto la Serie A, in fondo, non significava nulla per la prosecuzione non della carriera in ambito arbitrale ma per la vita stessa. Perché fuori dal campo cambia tutto.
In campo gli arbitri bravi arrivano, così come i calciatori. Non credete alle favole di chi dice “i calciatori di Serie C valgono quanto gran parte di quelli di A che sono stati solo più fortunati”.

Sono tutte balle.

Un arbitro ha la fortuna, a differenza dei calciatori, di provare tutte le categorie. E vi assicuro che i giocatori di Serie A sono tutta un’altra “roba”. Non solo rispetto a quelli di Serie C ma anche rispetto a quelli di Serie B.

Torniamo al punto.
Una volta usciti dal campo rimangono i ricordi e, per chi è fortunato, si rimane nei ricordi degli appassionati.
Alcuni amici, ancora oggi, mi ricordano in campo. Sono fortunato.
Molti di più ricordano Totti, e lo ricorderanno anche fra 30 anni. Perché è stato un fuoriclasse.

Ecco il punto centrale: è stato un fuoriclasse. In campo.
Fuori non ha dimostrato nulla di nulla.

Ha detto di non essere stato nelle condizioni di poter incidere. Può essere vero, può essere “quasi” vero ma un elemento è certo: è dirigente da soli due anni. Per dimostrare di essere un buon arbitro ci vogliono dieci anni, per dimostrare di essere un giocatore di valore anche. Perché non dimentichiamolo: noi tutti ricordiamo Totti nella Roma ma, precedentemente, ci sono stati tutti gli anni nelle giovanili, anni durante i quali ha dovuto dimostrare di essere in grado di salire ai piani alti.

Per il ruolo di dirigente vale lo stesso discorso: ci vogliono anni per dimostrare di essere in grado di occupare un ruolo di responsabilità. Soprattutto in QUESTO calcio che è sempre meno passione e sempre più business.
Per poter operare in questo calcio all’interno delle società è necessaria competenza, conoscenza almeno dell’inglese, preparazione specifica, studio approfondito delle strategie societaria, applicazione giornaliera per imparare dai più esperti, volontà di passare 12 ore al giorno per costruirsi un avvenire.
Totti ha queste capacità? Ha una preparazione adeguata? Ha mostrato ai suoi superiori (sì, perché il Presidente prima pagava il giocatore, oggi paga un dirigente che ha compito completamente differenti) di avere quelle skills necessarie per essere un punto di riferimento?

Evidentemente no perché il comunicato di ieri è stato analizzato in mille modi ma a tutti è sfuggito un particolare che ritengo fondamentale.
Questo:

Riteniamo che il ruolo offerto a Francesco sia uno dei più alti nei nostri quadri dirigenziali: una posizione che ovviamente richiede dedizione e impegno totali, come ci si aspetta da tutti i dirigenti all’interno del Club. Eravamo pronti a essere pazienti con Francesco e ad aiutarlo a mettere in pratica questa trasformazione da grande calciatore a grande dirigente. Il ruolo di Direttore Tecnico è la carica in cui credevamo potesse crescere e in cui ci siamo proposti di supportarlo durante la fase di adattamento“.

Il punto è tutto qui.
Una società con un giro d’affari del genere non può inventare un dirigente ma deve affidarsi a persone competenti, a volte rischiando. E con Totti stavano rischiando, affidandogli un ruolo che non prevede di dar pedate ad un pallone (se non in qualche iniziativa benefica).
Un dirigente non si costruisce dall’oggi al domani. Qualcuno può riuscirci ma sono eccezioni che confermano la regola, perché la scrivania è ben diversa da uno spogliatoio.

Quel che sfugge a molti (ma che, in verità, molti hanno compreso) è che la credibilità si costruisce sul lavoro, non sul passato. Il passato è un bagaglio utilissimo ma che non serve a nulla se non supportato da studio, applicazione, comprensione dei propri limiti, necessità di ampliare i propri orizzonti.

E vi prego di prestare attenzione a quest’ultimo concetto: i vostri commenti, in talune circostanze, mi portano a riflettere sul fatto che la critica non è una mancanza di rispetto ma è la base per ragionare su se stessi, sulle proprie convinzioni, sulle proprie capacità.

Purtroppo viviamo in un mondo in cui la meritocrazia è intesa non come capacità ma come consenso: esiste troppa gente che ritiene che il consenso possa essere un lasciapassare per qualsiasi posizionamento, anche apicale. E’ una concezione senza alcun senso che, purtroppo, prende sempre più vigore.

E non è certo un caso che abbondino opinionisti senza idee, tecnici autoreferenziali, comunicatori che non sanno parlare manco in italiano. Il modello non è più chi si impegna ma chi riesce ad essere visualizzato.
E’ la morte della meritocrazia che segue il principio secondo cui tutto è dovuto al di là delle competenze.

38 commenti
  1. Carmelo
    Carmelo dice:

    Luca ma non scrivi un articolo sui nuovi organici AIA…?
    Me lo sarei aspettato…
    Grazie,
    Ciao,
    Carmelo

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Mi sto riposando un po’.
      O, meglio: sto togliendo qualche ora di sonno in meno persa per il blog.
      La conferenza stampa sarà mercoledì prossimo, qualcosa scriverò.

      Ciao.

  2. Alessandro
    Alessandro dice:

    Vedendo la Nazionale femminile, ho osservato una serie ripetuta di arbitraggi a dir poco terribili. Perché, per una competizione così importante (un mondiale!), non sono stati scelti arbitri “veri”?

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Il movimento femminile è ancora agli albori, perlomeno a questi livelli. Non sorprende, pertanto, che anche la qualità degli arbitri non sia ancora al top. Diamogli tempo.
      D’altro canto sono assolutamente favorevole ad arbitri donna, perché trovo che sia giusto che la classe arbitrale cresca assieme al movimento. In Italia vorrei vedere la stessa politica, proprio per far crescere gli arbitri donna che, negli ultimi anni, sono quasi completamente sparite dal calcio professionistico.

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Amo il basket: ti sorprenderà ma segue con molta più passione la pallacanestro rispetto al calcio.
      Poi seguo tutto lo sport ad eccezione di ippica e boxe che non mi piacciono.

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Ah, ne ho amati tanti.
      Alberto Tomba ha accompagnato tutta la mia adolescenza così come Jordan.
      Ancor prima Magic Johnson e Larry Bird.
      Poi ci sono stati Pantani, Dino Meneghin, Mike D’Antoni, Bob McAdoo, il Settebello, l’ItalVolley di Velasco, Valentino Rossi, Michael Schumacher.
      Calcio? Pochi, ho sempre preferito altri sport anche se può sembrare paradossale…

  3. Cosimo
    Cosimo dice:

    Buongiorno Dott. Marelli,
    Secondo lei chi è il goat degli arbitri?
    [goat = greatest of all time]

  4. Armando
    Armando dice:

    Ciao Luca,
    Dopo decenni passati ad arbitrare, ed in cui si frequenta l’ambiente del calcio, arriva un punto in cui si ha una sorta di ‘nausea’ a fare l’arbitro e a stare in quel mondo, e non si vede l’ora di appendere il fischietto al chiodo e cambiare vita?
    Subentra questo sentimento a un certo punto?
    Grazie della disponinilità

  5. Stefano
    Stefano dice:

    Buongiorno signor Marelli. Complimenti per l’articolo e per la chiarezza di quanto ha scritto. Vorrei farle una domanda, se possibile, riguardo un episodio avvenuto ieri durante Belgio-Italia U21. Attorno al quindicesimo minuto, Chiesa calpesta col piede la mano di un calciatore belga che sta per rialzarsi dopo un contrasto subito, il tutto nell’area di rigore dell’Italia. A rivedere le immagini, questo pestone mi è sembrato tutto fuorché casuale, e anche l’arbitro ha atteso un po’ di tempo, probabilmente attendendo il responso del VAR, per riprendere il gioco. Se ha visto l’episodio, cosa ne pensa?

    • Giovanni
      Giovanni dice:

      Scusa ma non ti ha dato fastidio che ti ho chiamato Luchino..?
      Mi aspettavo una risposta adirata delle tue…

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Evidentemente non mi conosci: mi incavolo solo per commenti demenziali, non certo per un nomignolo.
      Se poi il tuo intento era quello di provocarmi… beh, torna all’asilo.
      Ciao.

  6. Guido
    Guido dice:

    Esiste anche e non è secondario nel caso Totti. Per ricoprire un ruolo più o meno dirigenziale in qualunque settore imprenditoriale occorrono basi culturali generali prima ancora di quelle specifiche, tecniche. Le seconde sono acquisibili con l’esperiEnza, le prime beh…Sarà poco simpatico dirlo ma spesso la verità non lo è.

  7. Ivan
    Ivan dice:

    Buongiorno,
    complimenti per l’articolo e per il sito, è vero quello che dice però nel calcio capita di dare ruoli d’importanza a ex calciatori: Tare appena smesso di giocare è diventato coordinatore dell’area tecnica e l’anno dopo ha preso il diploma di DS, Monchi e Braida il appena terminata la loro carriera sono diventati ds di Siviglia e Monza, Pratici ha smesso di giocare a 32 anni e poi è stato preso come capo degli osservatori della Samp, Maldini è stato nomimato dt e l’unica esperienza che ha sono i voli Milano Miami. Credo che nel caso di Totti bisognerebbe sapere cosa gli hanno promesso e come lo hanno trattato, perchè a sentire lui sembra che sia stato escluso da quasi tutto. Ciascuno di quelli indicati sopra potrebbero avere delle eccezioni, Tare parla sei lingue, però sembra che sulla carta abbiano proposto a Totti un ruolo importante, per fargli fare la fine di Zanetti o Nedved.

  8. Nicola
    Nicola dice:

    Ciao Luca, articolo che arriva direttamente al punto. Si può essere dirigenti apicali dopo soli due anni di esperienza e basandosi solo sull’esperienza in campo? Totti avrebbe dato in mano la sua Società ed i suoi soldi ad uno con una limitata esperienza? La Società ha risposto con molta educazione ad un attacco frontale che destabilizza ancora di più un ambiente già in fibrillazione. Non conosciamo i conti della Roma, non sappiamo il perché di queste cessioni importanti (o meglio possiamo intuirlo a causa del FFP). Credo si potesse fare a meno di tutto questo. Smettere non è facile. Trovare il tuo posto nel Mondo dopo aver vissuto su una nuvola per 30 anni non è facile. Bisogna avere grande pazienza ed umiltà. Tra qualche anno Totti penserà a ieri e magari si pentirà di aver lasciato parlare il giocatore ed il tifoso.

  9. ilpugliese
    ilpugliese dice:

    Non posso far altro che congratularmi con te per come sei riuscito a spiegare il tuo punto di vista, che condivido pienamente.
    Dico questo perchè qualche giorno fa discutevo con un amico proprio della vicenda Totti e mi citava come esempio Del Piero che secondo lui avrebbe dovuto essere dirigente della Juventus subito dopo il suo addio al terreno di gioco.
    A volte ci si dimentica che da qualche tempo le squadre di serie A o per meglio dire alcune squadre di serie A, non sono più solo sport, ma sono vere e proprie società di affari con tanto di quotazione in borsa!
    Se un calciatore sbaglia un rigore e di conseguenza la sua squadra perde una partita avrà tutto il tempo per rifarsi alla prossima.
    Se un dirigente di una società quotata in borsa sbaglia a dire una parola rischia di fare danni molto più gravi ed è soltanto una parola, figuriamoci a sbagliare un acquisto…
    Ciao

  10. Nando
    Nando dice:

    Luca gran bell’articolo.
    Condivido per filo e per segno tutto quello che hai scritto.
    Tranne una cosa:
    Non mi puoi accostare il nome di Di Canio a Kakà, Del Piero e Figo..!! Una defaillance del genere da te non me la sarei aspettata…!

  11. Valerio
    Valerio dice:

    Luca però ci sono degli esempi:
    – Rizzoli subito designatore CAN A (e sta facendo bene).
    – Rosetti pure è stato subito fiondato in CAN B se non sbaglio (comunque in pochissimi anni ha preso cariche altissime)
    – Mancini mi sembra che come allenatore è partito subito dalla Fiorentina di Serie A.
    – Montella se non sbaglio dai Giovanissimi è saltato dritto sulla panchina della prima squadra.
    – Zidane prima panchina quella del Real Madrid, e poi tre Champions vinte.
    Dunque capitano anche situazioni in cui si raggiungono i vertici (e si raggiungono ottimi risultati) senza fare tanta gavetta…

    Forse Totti si aspettava di fare qualcosa di simile?
    Anche se è vero quello che scrivi tu…e sono più romantiche quelle storie come Maurizio Sarri…
    Può essere che la strada al successo può prevedere diverse traiettorie, che non ve n’è solo una?

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      1 – E’ il suo ambiente, lo conosceva benissimo e conosce perfettamente come funziona il ruolo del designatore. E non dimenticare che è stato presidente della sezione di Bologna mentre era in attività. Detto ciò, ha un’intelligenza fuori dal comune (te lo assicuro per conoscenza diretta), una cultura notevole ed una capacità di parlare rara;
      2 – Idem come per Rizzoli;
      3 – Vero. Ma è l’eccezione che conferma la regola, come Capello. Persone, peraltro, con una cultura ben differente;
      4 – Può essere, non lo so;
      5 – No, sbagli. Prima dirigente senza responsabilità, poi allenatore della squadra B del Real Madrid, poi dirigente e poi allenatore della prima squadra;

      Forse Totti si sopravvaluta?

      E di Sarri ho un’ammirazione sconfinata, non te lo nego, fin da quando lo conobbi in Serie C ai tempi della Sangiovannese.

  12. jeanloupverdier
    jeanloupverdier dice:

    credo che tutta questa storia, relativa a Totti e il Tottismo, sia riassumibile in 3 parole:
    delirio di onnipotenza.

  13. Il Gilo
    Il Gilo dice:

    Bell’articolo, bello il parallelismo, condivido abbastanza, anche che Totti forse pretendeva un po’ troppo e subito,
    la colpa della società, se è vero ciò che lui ha detto, è stato di escluderlo, non solo dalle decisioni, ma anche dalle informazioni,
    se lui veniva informato a cose fatte o dai giornali, come pretendevano di istruirlo, di farlo crescere?
    E poi non bisogna dimenticare cosa rappresenta Totti per la Roma, non si può pretendere di confrontarlo con altre situazioni.

  14. Alessio
    Alessio dice:

    Credo che questo sia uno degli articoli migliori che abbia mai scritto; calciatore e dirigente sono 2 ruoli che non hanno niente a che vedere, quando cominci a fare il dirigente stai iniziando una carriera da 0 e non puoi pretendere dopo un anno di prendere decisioni che incidono enormemente sull’andamento della società per gli anni a venire. Non discuto che la società abbia commesso degli errori (a mio avviso veramente tanti e in tanti ambiti diversi) ma le parole di Totti sono per larga parte fuori luogo: se vuoi pesare nella scelta del nuovo allenatore della Roma lavora duro per 5 anni, fai esperienza, impara da chi sa fare quel lavoro meglio di te e vedrai che arriverà il tuo momento (come hanno fatto Nedved e Tare che sono arrivati a ricoprire ruoli di primissima importanza). Purtroppo al giorno d’oggi molti pensano che avendo un nome gli sia tutto dovuto, e la cosa più grave è che buona parte del popolo condivide questa interpretazione.

  15. Teo
    Teo dice:

    Ciao Luca, sempre un piacere leggerti, anche fuori dal campo arbitrale. Sono completamente d’accordo. Non so se l’hai fatto apposta ma giusto non commentare (lo faccio io) il fatto che la conferenza si sia tenuta presso il CONI. Penso sia stato un gesto di grande non professionalità da parte di quest’ultimo.

  16. Dario Testaverde
    Dario Testaverde dice:

    Gentile Luca Marelli,
    La seguo da tempo e credo che questo sia il suo miglior articolo. Nonostante la rivalità (sono Juventino) ammiro Totti in quanto bandiera della AS Roma. Ciò non toglie che abbia trovato fuori luogo la “sfuriata” di ieri per vari motivi, capisco ciò che rappresenta Totti per la Roma e i romanisti ma parlare a ruota libera della proprietà e della “de-romanizzazione” della Roma non la vedo come un elemento positivo. La “mia” Juve ha fatto fuori Del Piero senza la necessità di dover giustificare a noi tifosi la scelta che ai tempi poteva essere compresa o meno. Sarei curioso di sapere cosa potrebbe accadere se la Roma vincesse lo scudetto, i tifosi festeggierebbero o penserebbero all’epurazione di Totti? Opto per la prima, con tanti saluti a bandiere e “amori”. Cordiali Saluti

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