Nizza, odiare chi ci odia non è la soluzione

Cosa c’entra un episodio di tragica cronaca con un blog che ha come oggetto lo sport?

Nulla, assolutamente nulla.
Davanti ad episodi come quello di ieri sera, è decisamente il caso di mettere da parte argomenti marginali come lo sport per sedersi un attimo, magari nell’assoluto silenzio e cominciare ad agire come capita raramente: pensare, ragionare, elaborare.

L’era del web e del social ci sta portando ad un paradosso: siamo sempre più interconnessi, sempre più in contatto con le persone, dialoghiamo molto di più ma si ragiona molto meno. Si leggono le pagine social di gente che pontifica su qualsiasi argomento, che si improvvisa oggi esperto militare, domani ingegnere ferroviario, dopodomani perito in politica estera, tutti i giorni professore di sociologia.

La verità, forse inaccettabile per chi pensa di essere sempre un passo avanti, è che sappiamo poco od un cazzo di tutto, ci si reinventa esperti dell’argomento del giorno per apparire sempre informati, sempre aggiornati, sempre in grado di esprimere un’opinione autorevole.
Persone che, in realtà, ne sanno meno di noi comuni mortali, che hanno imparato cinque minuti prima su wikipedia la storia moderna o contemporanea (a seconda delle necessità), che hanno guardato un paio di video a caso per sapere tutto di ferrovie, che hanno sentito l’amico del cugino dell’ingegnere per essere certi che abbattere una moschea a caso serva ad estirpare l’estremismo islamico che sta all’Islam come un granello di sabbia sta ad una spiaggia.

Non siamo un popolo.
Non siamo un popolo su questo pezzo di roccia in mezzo al nulla denominato sistema solare.
Non siamo un popolo nemmeno all’interno dei confini dello stato.

Osserviamo attoniti le immagini che provengono da Nizza e, il giorno dopo, spuntano come funghi i soliti geni che invocano interventi sull’immigrazione, in Italia… Poi prendono la scena i complottari che evidenziano la messinscena di Nizza (sic…), seguiti a ruota dai cultori del “non esiste un Islam buono” col corredo tradizionale di citazioni improbabili, di frasi della scrittrice famosa (ri-sic…) copiate da internet, cercate tre minuti prima per dar peso culturale alle proprie improvvisazioni social.

Film già visti mille volte con copione connotato da una pochezza imbarazzante, post già scritti in milioni di “copie“, demagogia e populismo a tonnellate, facile da far ingoiare puntando alla pancia e non alla testa. Biechi sfruttatori delle masse a cui non interessa discutere ma solo far assorbire dei concetti come se fossero dogmi. Dogmi che servono a fidelizzare quelle masse di persone da cui ottenere il voto quando serve od a cui vendere il nuovo libro in uscita, a prescindere o meno dal fatto che sia una schifezza senza capo né coda.

Pensieri e parole in libertà, meglio se mellifluamente toccanti, tali da ammorbidire il lettore. Lettore od ascoltatore spesso emotivamente non preparato ad elaborare un concetto ma inconsciamente disponibile ad assorbire qualsiasi assurdità come verità fattuali.

Non è questione di destra, sinistra, centro, sotto o sopra, è un problema generalizzato che riguarda chiunque utilizzi i social per fini personali: personaggi della televisione, scrittori più o meno validi, politici navigati o diversamente laureati, comici prestati all’opinione, opinionisti prestati alla comicità involontaria.

Pochi, pochissimi, forse nessuno è veramente interessato a fornire notizie ed approfondimenti validi.
E funziona in questo modo in ogni campo.
Vogliamo fare un excursus veloce nel mondo del “pallone”? Ogni estate ci ammorbano, in mancanza di partite, con trattative del tutto inventate, sparando titolo più o meno verosimili e tendenzialmente comici, notizie mai smentite nei giorni successivi per lasciar spazio ad altri voli pindarici per i tifosi che sognano un acquisto clamoroso. Una serie infinita di balle alimentate dalla riproduzione di notizie farlocche senza alcuna fonte reale ma pescate chissà dove nei meandri di qualche social.

Non importa la notizia, importa la diffusione, la condivisione, la pubblicità che se ne può trarre, facendo leva sull’illusione che una singola persona possa essere la soluzione per i mali del pianeta, e chi se ne importa se, a Chiasso, non conoscono nemmeno il nome del “signor tal tizio” adulato entro i confini.

La verità è che, a queste persone, non frega un cazzo di te che leggi, di me che critico, di noi che cerchiamo informazioni.
A queste persone interessa raccogliere consensi, acquisire pubblico nuovo, aumentare la propria popolarità per rimanere un giornalista politico ma aggiungere la conduzione col bel faccino di un programma sportivo, argomento di cui non conosce un accidente; farsi apprezzare per messaggi populisti senza capo né coda per ottenere voti per sé e per il partito col quale campa da vent’anni; essere identificato come lo scrittore che lotta per il popolo e che, per il popolo, si presenta con la pubblicità del suo ultimo libro; accampare risultati clamorosi per conquistare quei crediti necessari per continuare ad essere il capo di qualcosa.
Sparare titoli a caso per vendere copie e spazi pubblicitari.
E chi se ne fotte che il popolino assorba messaggi deviati, ispirandosi e scrivendo post inneggianti all’annientamento fisico di due miliardi di persone per il sol fatto di essere islamici, al lancio di bombe atomiche qua e là, sperando di beccare con una botta di culo qualche capoccia dei terroristi, allo sterminio di popolazioni intere per risolvere il problema, magari annientando il famoso stato di “Terrorismia”, confinante a Nord con il Sarcazziland.

La verità è che odiamo chi ci odia perchè non siamo in grado di renderci conto che NOI ci odiamo. Noi non siamo un popolo, esiste il popolo globale nel quale il singolo cerca di fottere l’altro per il beneficio personale.
Siamo singoli davanti ad un computer che vogliono vendersi come solutori di problemi ma che, in realtà, hanno solo ben chiaro di voler alimentare il proprio ego. E per far ciò siam pronti a tirare coltellate alla schiena, a sputtanare il nostro interlocutore, a cercare nelle pieghe di un discorso un piccolo errore per far passare “l’altro” come un povero coglione. Chi se ne frega nel concetto generale, chi se ne frega dell’oggetto di un discorso complesso, l’importante è dimostrare alla platea di sconosciuti che l’altro è un cretino…

Nel frattempo si assorbono slogan che diventano certezze, si diffondono scemenze come se fossero realtà fattuali (sì, esiste veramente gente che crede a troiate come scie chimiche o “false flags“…), si cerca di far passare l’avversario per un decerebrato puntando il mirino del consenso sulle masse di coloro che non elaborano un pensiero ma fanno semplicemente proprio quel che han letto/sentito per poi ripeterlo come stupidi pappagalli.

Gente infallibile, gente che non sbaglia mai, gente che, non casualmente, risponde solo a chi li adula ed ignora platealmente chi li critica perché non conviene confrontarsi con menti pensanti, meglio rivolgersi a chi, domani, ti dirà “sei bellissimo” “sei fantastico” “sei il numero uno” anche se gli sta vendendo uno stock completo di bond argentini datati 1999…

Odiamo il fanatico del Corano che uccide senza distinzioni di sesso ed età, adulti e bambini, cristiani e musulmani (già, ammazzano anche loro…) ma, inconsciamente, le masse più “deboli” sono portate ad odiare l’immigrato in generale perchè, sull’onda emotiva, è facile additare un intero popolo senza indicare uno straccio di soluzione. Lo sciocco viene portato a pensare che il problema sia la moschea in provincia di “chissà dove” e non il francese che spara a Parigi od il belga che ammazza a Bruxelles. Sono consapevoli, assolutamente consapevoli di diffondere slogan senza senso ma se ne strafottono, l’importante è vendere una copia del libro od ottenere il voto degli ingenui.

La verità è che ci odiamo, non esistiamo come nazione. Siamo sempre pronti ad incolpare qualcuno per qualsiasi avvenimento.
La ferrovia è colpa del ministro, l’attentato in Francia è colpa del buonismo in Italia (sic…) che consente l’ingresso a chiunque, la crisi economica mondiale è colpa del premier di turno, le bombe d’acqua sono colpa di chi usa un frigorifero, i terremoti sono colpa dei bambini che costruiscono castelli di sabbia scavando con una paletta.
Non importa la sensatezza delle proprie affermazioni, conta apparire belli e puri e far passare gli altri come degli imbecilli. Sempre e comunque.

Diciamolo senza troppe barriere mentali: non siamo un popolo, siamo (con le dovute e rare eccezioni) un gruppo di esseri viventi che non si vogliono bene ma che si sopportano per ottenere un vantaggio diretto od indiretto.

I social sono infestati da capipopolo improvvisati senza arte né parte, spesso trovatisi per caso sul proscenio nazionale e non solo.
I social sono, soprattutto, infestati da gente che non è in grado di elaborare concetti semplici, figuriamoci quelli complessi.
I primi “lavorano sui secondi”, il forte sul debole.

Vogliate perdonare lo sfogo.
Tra qualche giorno torneremo a parlare con leggerezza di sciocchezze…

2 commenti
  1. DIMITRI
    DIMITRI dice:

    Leggo questo articolo e mi risuonano in testa le note e le parole di questa canzone di 24 anni fa che conoscerai bene, penso. Troppi slogan, troppi capitribù sbagliati con uno spazio mediatico enorme, troppe contaminazioni psicologiche, io a volte proprio non ci capisco niente Luca, non so più se a pensare sono io o qualche altro.

    ” A volte non ho più alibi
    oggi siamo tutti comodi
    non ci sono più “uomini”
    oggi vanno bene quelli come te
    che arrivano dopo….oh…Oh
    e che non c’entrano mai
    Non sai più “se è un film”
    oppure se è successo veramente
    oggi è la TV a dire “SE”
    se una cosa “è vera” o “se hai sognato te”!!
    e prova a dire “che”…..
    che vedrai!

    Tu non sei , non sei più in grado
    neanche di dire SE!
    quello che hai in testa l’hai pensato te!
    Qui non sei, non sei NESSUNO
    qui non si esiste più
    se non si appare mai in TI VU!

    Ma dove sono gli uomini, ma dove sono quelli che
    credevano che vivere
    non è sempre solo rispondere che……va bene com’è
    per evitare guai! “

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