Zappi, Nicchi ed il confronto sui programmi

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La premessa è d’obbligo.

Tanti mi hanno chiesto (in vari modi) il motivo per cui non mi sia mai espresso in merito alla tornata elettorale che ci accingiamo a vivere.

Il motivo potrà sembrare banale ma è giusto palesarlo: ho deciso consapevolmente di rimanere neutrale per evitare di cadere nelle solite, sciocche polemiche pre-elettorali, tra chi demonizza il presidente uscente e chi cerca di difendere le posizioni raggiunte, quasi sempre spiando dal buco della serratura, denigrando persone non gradite e/o nascondendosi dietro false identità britanniche.
Sì, mi rendo ben conto che non sia facile interpretare l’ultima (ironica) definizione ma chi conosce le dinamiche associative e le stanze segrete del web sa bene a cosa mi riferisca.

La precedente sfida elettorale (risalente al 2012) tra il presidente uscente e Robert Boggi venne preparata oggettivamente male dallo sfidante. Non ho mai avuto problemi ad ammetterlo serenamente: se fossi stato in aula per esprimere la mia preferenza, non avrei votato Robert perché avevo notato troppa voglia di rivalsa e scarsi argomenti che potessero spingere un elettore incerto a scegliere l’alternativa. Avrei votato il presidente uscente? Non lo so ma non lo escludo affatto.

Gli anni passano e le vicende personali si trasformano da “desiderio di rivalsa” a “posizioni riflettute”.

L’AIA è una grande famiglia che, da troppi anni, vive divisa tra fazioni che si affrontano spesso con armi non convenzionali. Una democrazia matura non risparmia critiche all’avversario e, soprattutto, si confronta su temi concreti. Una democrazia matura ma imperfetta come la nostra non limita in alcun modo la libertà di opinione finanche nelle aule del Parlamento. L’Assemblea ha il dovere di limitare gli eccessi verbali ma non può permettersi in alcun modo di impedire l’esposizione di idee differenti rispetto a quelle di chi governa. Chi governa ha il dovere di ascoltare e, poi, di decidere. Ma il concetto fondamentale è che la libertà di pensiero non deve mai essere soffocata, in qualsiasi ambito, sia esso tecnico, associativo e/o amministrativo. Qualsiasi limitazione di queste libertà rappresenta un vulnus non per l’associazione ma per la democrazia nella quale viviamo ogni giorno.

Sono rimasto in rispettoso silenzio non nascondendo, di fronte alle voci di corridoio relative ai nomi dei possibili candidati, il malessere nel vedere accostato al ruolo di competitor l’identità di persone che, in un modo o nell’altro, avessero recriminazioni personali da far valere nei confronti dell’attuale dirigenza.

Da anni ripeto fino alla noia un concetto tanto semplice quanto difficile da concretizzare: l’AIA non necessita di candidati contro qualcuno, l’AIA ha bisogno di un confronto democratico su temi concreti, lasciando da parte gli attacchi personali e ponendo in risalto solo ed esclusivamente i progetti.

Il giorno in cui è emersa la candidatura di Antonio Zappi, associato nativo di Viterbo ed in forza alla sezione di San Donà del Piave, la mia reazione è stata molto tiepida. Tiepida per la qualità del nome? No, assolutamente no.

Tiepida perché non conosco Zappi. Non lo conoscevo e non lo conosco, non ho mai avuto alcun contatto con lui e mi sono limitato ad informarmi per comprendere il perché della candidatura.

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Il fatto che Zappi non rientri nel novero delle persone emarginate associativamente (con ciò intendendo come “messo alla porta” dal corpo dirigente, sia esso locale o nazionale) mi ha rinfrancato perché, finalmente, si poteva sperare in una competizione non dettata dalla voglia di “vendetta” contro il potere costituito.

Impressione, poi, rafforzata dalla condotta esemplare del candidato “veneto” (mi siano permesse le virgolette dato che non so se preferisca essere definito veneto o laziale, ma credo che poco importi) che, nel corso delle sole quattro settimane di campagna elettorale concesse dopo la curiosa convocazione sotto gli ombrelloni dell’Assemblea Generale (curiosa in quanto annunciata nel bel mezzo delle vacanze estive, non esattamente un esempio di correttezza istituzionale…), non ha mai attaccato l’avversario sul piano personale, limitandosi ad esporre, sia nelle varie regioni che sui social, il proprio progetto di AIA, sintetizzandolo in sedici punti semplici ma incisivi.

Sia chiaro: le mie idee non combaciano del tutto con quelle del candidato Zappi. A titolo puramente didascalico ritengo fondamentale, a fronte del clamoroso fallimento tecnico della divisione di colliniana memoria tra arbitri di A e B, la riunificazione in un’unica entità, come prima del 2010, periodo nel quale sono stati formati tutti gli arbitri di maggior valore oggi a disposizione del designatore Messina (e non si pensi che sia un caso…).

Al contrario reputo fortemente demagogica l’idea, contenuta al punto 13, di introdurre una sorta di “obiezione di coscienza” a discrezione dell’arbitro sul dirigere o meno la gara di una società protagonista in qualsiasi modo di episodi di violenza nei confronti dei colleghi (altro problema, per inciso, non solo mai risolto ma nemmeno limitato numericamente). In primo luogo perché la decisione in tal senso non può essere demandata ad un giovane spesso minorenne e, inoltre, perché si rischierebbe di creare un’incertezza perenne sulle partite disputate e quelle… Rinviate? Annullate? Assegnate a tavolino? Su quali basi?

Ho apprezzato moltissimo la scelta consapevole e matura di non cavalcare il putiferio scoppiato per la vicenda di Acireale, episodio che ha convinto il siciliano Rosario D’Anna (in quota Nicchi) a rinunciare alla corsa per il Comitato Nazionale (info in merito le potete trovare all’indirizzo http://www.marsalalive.it/2016/09/19/caos-nel-mondo-arbitrale-siciliano-e-italiano-vi-sarebbero-delle-mail-incriminate/ che riporto per semplice dovere di cronaca, non esprimendo alcun giudizio in merito).

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Ignorare quanto accaduto è decisione che ho apprezzato perché questi sono episodi che andranno approfonditi e sui quali, se necessario, dovrà operare la giustizia domestica e/o ordinaria, non certo un candidato alla presidenza. E sono questioni a cui sono interessato talmente poco che, in queste settimane, non ho scritto una virgola in merito.

Non ne tratterò mai.

Anzi, di più: ho cancellato dai profili social anche i commenti in merito. E, se qualcuno mi è sfuggito, me ne scuso.

Una scelta meritoria che, da un lato, potrebbe penalizzare i meno informati ma, dall’altro, eleva la campagna verso la serietà di cui c’è bisogno assoluto nell’Associazione.

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Il candidato Zappi, in sostanza, ha portato correttamente il confronto sui programmi, sulle idee, sugli obiettivi dei prossimi quattro anni (fondamentali soprattutto perché usciranno dai “ranghi” ben otto arbitri internazionali su dieci ed oltre la metà dell’attuale organico della CAN A).

Il problema, non da poco, è che tale confronto diventa molto complesso poiché il Presidente uscente Nicchi non ha presentato alcun programma.

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(A sinistra il programma del candidato Presidente Zappi, a destra il programma del Presidente uscente)

I semplici osservatori (con ciò intendendo coloro che non vivono l’associazione dall’interno ma come spettatori spesso poco interessati se non nel momento delle polemiche strumentali) saranno rimasti sbalorditi davanti ad un’affermazione del genere, probabilmente pensando: “l’autore di questo scritto è male informato, non è possibile”.

No, non sto esagerando.

Il programma del presidente uscente non esiste, non è stato pubblicato e non siamo a conoscenza nemmeno di quel che abbia in animo di fare nei prossimi quattro anni.
Non stupitevi di quanto affermato: il presidente uscente, anche quattro anni fa, si presentò all’Assemblea Generale senza un programma. Nessuno, perciò, poteva immaginare (per esempio) che avrebbe messo mano al regolamento dell’Associazione per abbassare il quorum in vista del terzo mandato, portandolo dalla maggioranza qualificata del 66 al 55% dei votanti.

Insomma, una norma ad personam che non può non aver lasciato l’amaro in bocca ai cultori della democrazia condivisa…

Per carità, nessun atto d’accusa, semplicemente la constatazione che uno dei candidati si sia presentato nel 2012 e si presenti oggi senza un progetto concreto.

In sostanza è la candidatura di sé stesso che, ovviamente, non può essere certo basata sulle idee ma su “altro”. “Altro” che può significare tutto ma sul quale concetto non ho alcuna intenzione di dilungarmi: ognuno rifletta autonomamente su questa particolare scelta e si chieda se, in una democrazia matura, qualcuno voterebbe mai un candidato privo anche solo di un abbozzo di programma.

Esiste veramente qualcuno che si recherebbe alle urne con l’intenzione di votare una persona senza avere la minima idea di cosa abbia intenzione di fare per tutta la durata del proprio mandato?

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Francamente dubito che un candidato del genere potrebbe mai superare la quota percentuale di “familiari e parenti stretti”…

Ciò dovrebbe far pensare, dunque, ad una passeggiata di salute di Zappi, ad una elezione quasi plebiscitaria.

In una società civile, dominata dalla democrazia e dal confronto delle idee, non dovrebbero esserci dubbi tra un candidato con un programma pubblico ed un candidato che si presenta semplicemente con la propria persona.

Eppure l’AIA è una “strana bestia” (passatemi la definizione) nella quale una testa non equivale ad un voto ma il numero degli aventi diritto è limitato ai presidenti di sezione ed ai delegati, questi ultimi eletti solo nelle sezione più grandi.

Questo sistema, oggettivamente, è corretto: sarebbe abbastanza “folle” pensare che un giovane ragazzo venga investito della responsabilità di scegliere una persona che dovrà occuparsi di faccende spesso slegate dal “suo mondo arbitrale”.

Ed è corretto che, a votare, siano persone di esperienza pluriennale nell’Associazione, che sappiano ragionare con la propria testa, valutare i programmi, scegliere democraticamente la persona che incarni i principi e le idee sia del singolo che del mondo di cui si è parte.

Sempre che queste idee siano conosciute!

E come si agisce se non si conoscono le idee di uno dei candidati?

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La risposta è talmente banale che non varrebbe nemmeno la pena di scriverla: non lo si dovrebbe prendere in considerazione, spostando la propria preferenza su chi si presenta con una linea chiara, pubblica, condivisibile.

Non lo nego, osserverò questa tornata elettorale con molto interesse, con la curiosità di constatare il numero di voti che prenderà il candidato senza programma, partendo dalla considerazione (altrettanto banale) che anche solo cento voti sarebbero da studiare a fondo per capire su quali basi delle persone senzienti, adulte, informate, intelligenti possano concedere (di nuovo) fiducia ad un foglio bianco.

In estrema sintesi: vinca il più meritevole.

Ascolterò con distacco e senza bandiere i vari interventi, con l’assoluta certezza che gli aventi diritto voteranno secondo coscienza e sulla base di quanto un programma convinca più dell’altro.

D’altronde viviamo in Italia, uno Stato con tanti problemi ma basato su una solida democrazia nella quale ogni opinione è tutelata dalla Carta Costituzionale. L’Assemblea Generale rappresenterà la riunione in un solo luogo di tutti gli aventi diritto che certamente non deluderanno coloro da cui hanno ricevuto un mandato per scegliere il futuro dell’Associazione.

E sono certo che, chiacchiere a parte, nessuno sarà così debole da votare senza ragionare.

In ogni caso ieri, oggi e domani:

Ti amo AIA.

5 commenti
  1. AZ
    AZ dice:

    Alla fine circa 100 voti li ha presi lo sfidante col programma. L’Aia è davvero una “strana bestia”.

  2. Agostino miglio
    Agostino miglio dice:

    ottimo articolo,ottime riflessioni,ma chi va in campo e ci mette la faccia,con tutti i sacrifici del caso,non ha voce in capitolo e rimane ingessato nella “burocrazia” dirigenziale.

  3. Alberto
    Alberto dice:

    Se contassero i programmi vincerebbe Zappi a mani basse, purtroppo le logiche dell’AIA attuale sono altre, il clima e’ di paura, i CRA sono stati eletti da Nicchi e terrorizzano i presidenti di sezione i quali temono per i propri ragazzi … speriamo nel segreto dell’urna …

  4. DIMITRI
    DIMITRI dice:

    Credo poco su determinate logiche che dovrebbero essere “normali”, l’AIA è molto strana. Vincerà Nicchi purtroppo. Faccio comunque ad Antonio i miei auguri, lo ritengo una bravissima persona, di cui mi fido, e spero veramente che, nel suo caso, le logiche “strane” dell’AIA vengano capovolte anche perchè, il suo programma, non fa una grinza!

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