Vi racconto la storia di Loris Azzaro che, in fondo, è la storia di qualunque arbitro…

Sabato 15 febbraio.
Sono le sei del mattino.
Loris sta viaggiando sulla Tangenziale Nord di Torino in direzione dell’aeroporto per prendere il volo per Napoli.
Lo aspetta una delle prima trasferte della sua carriera, in Basilicata.
Categoria Eccellenza, il Brienza Calcio opposto al Montescaglioso.
Nei giorni precedenti aveva chiamato gli assistenti, dei giovani lucani che attendevano con trepidazione l’impegno con un arbitro nazionale, per conoscere da vicino un collega con cui speravano di ritrovarsi in futuro in qualche stadio importante.

Improvvisamente, per un motivo che verrà scoperto nelle prossime settimane, l’auto di Loris si ferma.
Non è un guasto ma un incidente.
Da quella auto Loris non uscirà mai.
Loris se ne è andato per sempre, lasciando vuoto quel posto in aereo che aveva prenotato in settimana ma che aveva sognato per anni.
Loris era un giovane di soli 25 anni con tutta la vita davanti e tanti sogni da inseguire.

Si dirà: sono i rischi del “mestiere”.
E’ vero, purtroppo capita che persone comuni lascino la propria vita per incidenti, magari recandosi in vacanza oppure per una giornata in compagnia.
Nessuno, in questi giorni, ha minimamente accennato alla follia di queste trasferte.
E sarebbe sbagliato.
Perché Loris non aveva una trasferta impossibile: la gara che doveva dirigere era in programma domenica pomeriggio alle 15.
Si è poi svolta regolarmente, Loris è stato “sostituito” da un collega che sicuramente è sceso in campo con infinita tristezza.
Ogni arbitro, nei weekend di riposo, accoglie le designazioni dell’ultimo momento con gioia perché chi ama questa attività vorrebbe scendere in campo ogni giorno.
Essere spettatori non interessa un granché, a meno che non si visioni un giovane della propria sezione, tentando di trasmettere qualcosa delle conoscenze acquisite con la propria attività.

Ancora oggi, vedendo un campo di calcio, emerge una fortissima tentazione di indossare una divisa e divertirmi assieme ai calciatori.

Lasciate perdere la Serie A, la Champions, i Mondiali, gli Europei.
Dimenticate anche la Serie B.
Sono mondi a parte.

Per capire questi ragazzi dobbiamo scavare nei particolari.
Per capire questi ragazzi dobbiamo scavare nei nostri ricordi.

E sì, in questo caso vale quella frase antipatica: non può parlare di questi argomenti chi non li ha mai vissuti.

Loris era partito prestissimo quella mattina per motivi che forse non sapremo mai.
Posso dirvi questo: spesso anche io partivo col primo volo del sabato per raggiungere la destinazione.
Non per risparmiare dieci euro sul biglietto o perché non c’erano posti sui voli del pomeriggio.
Partivo col primo volo per godermi la trasferta, per visitare la città che mi avrebbe ospitato, per incontrarmi con amici e colleghi della zona, per ambientarmi al meglio.
Ricordo trasferte magnifiche a Napoli, in Ciociaria, sulle colline toscane, a Bari, ovunque.

I rischi che corrono gli arbitri sono i rischi che corrono tutti.

Domenica mattina, prime luci dell’alba.
Sono circa le 3 del mattino.
Il luogo, ancora una volta, è la tangenziale Nord di Torino.
Forse un colpo di sonno, forse chissà cos’altro. Non lo sapremo mai.

Luca Colosimo stava rientrando dopo aver arbitrato SPAL-Prato.

All’improvviso lo schianto sul guardrail, l’arrivo dei soccorsi, la corsa disperata in ospedale, la morte che sopraggiunge in ambulanza.

Sono passati quasi 5 anni da quel 9 marzo 2015 e oggi riviviamo lo stesso incubo.
Ancora un incidente ma questa volta prima della partita.

Non è una questione economica.
Arbitrare diventa una questione anche economica dalla Serie B in su.
Ma solo una minima parte di questi ragazzi arriva alla Serie B. Ed un numero infinitesimale arriva in Serie A.

Se fosse una questione puramente economica, nessuno si sognerebbe di investire un intero weekend per meno di cento euro (lordi).
Sì, questa (euro più, euro meno) era la vertiginosa cifra che Loris avrebbe percepito per la trasferta in Basilicata.

Ma quei quattro spicci sono l’ultima motivazione per cui Loris e centinaia di arbitri ogni santa settimana si imbarcano su aerei, auto, treni o navi.
La vera motivazione è la spinta della passione.
Quella passione che si insegue in modi differenti: chi correndo sui campi impolverati della provincia, chi affrontando le prime trasferte fuori regione, chi aiutando nel ruolo di osservatore i giovani a crescere.
E poi c’è anche qualcuno che, nel suo piccolo, cerca di spiegare il regolamento che quegli arbitri fan rispettare in campo.
Ci sto provando da anni e continuerò.
Lo devo a me, lo devo a questi ragazzi a cui non sono riuscito a restituire direttamente nulla o quasi di quel che ho ricevuto dall’Associazione.
E chi se ne frega degli odiatori social: riserverò loro un sorriso di compassione.

Questi tragici episodi hanno un paradossale pregio: mi ricordano quanto sono stato fortunato.
E ricordano soprattutto a me stesso un concetto fondamentale che troverete alla fine.

Tangenziale Est di Milano, 4 giugno 2005.
Sto recandomi in aeroporto per prendere il volo per Napoli.
Il giorno dopo mi aspetta il San Paolo per la semifinale di ritorno dei playoff di Serie C/1 tra il Napoli e la Sambenedettese.
Settantamila anime sugli spalti.
Una ricca diaria di 70 (settanta) euro (lordi).
Mi fermo al casello autostradale, pago il pedaggio.
Riprendo la strada.
Mi avvicino ad una curva a destra, subito dopo c’è l’uscita per Sesto San Giovanni.
Qui:

E’ più o meno mezzogiorno.
Ad un certo punto sento un botto:
Che diavolo è stato? Boh, vabbé, sarà stato un sasso“.
E’ un attimo.
Mi ritrovo ad urlare “noooooooooo!“.
Perdo il controllo della mia vettura.
Sbatto sul guardrail di sinistra, poi attraverso la carreggiata e mi schianto sul guardrail di destra.
La mia auto è disintegrata, la parte del cofano non esiste più, è seminata sull’asfalto nei venti metri tra la zona del primo impatto e dove mi son fermato.
Una persona che mi seguiva si ferma, apre lo sportello e mi trascina fuori perché il serbatoio della benzina si era aperto.
Un’altra persona prende un piccolo estintore portatile e lo sversa sul carburante, evitando che si incendi.
Mi ritrovo qualche attimo dopo seduto sul bordo della strada, una gentile signora sta tamponando con una salvietta un taglio superficiale sulla mia gamba sinistra.
Nulla di grave, solo un paio di jeans da buttar via.
Chiamo papà a casa.
Gli dico semplicemente “ho avuto un piccolo incidente, devo lasciare qui la macchina“.
Papà mi risponde: “ti sei fatto male? Arrivo subito!“.
Parte da casa, arriva dopo 40 minuti circa.
Scende dalla sua macchina, mi guarda la gamba e dice: “non è niente ma vai in ospedale, non si sa mai“.
Papà, devo prendere l’aereo
Lo sapevo che lo avresti detto. Va bene, andiamo“.
Prendo la borsa e le bandierine elettroniche, salgo in macchina con papà che mi guarda ogni tanto per accertarsi che stia bene.
Arriviamo a Linate, si avvicina, mi da un bacio sulla fronte e mi dice: “in bocca al lupo e concentrati sulla partita, alla macchina ci penso io“.

Il giorno dopo mi sveglio in albergo ed ho dolori ovunque.
Ci ho messo mezz’ora per alzarmi dal letto.
La partita si svolge regolarmente, tutto sommato non risento per nulla dell’incidente.
Torno a Linate, papà mi aspetta all’entrata:
Stai bene?
Sì, papà, sto bene“.

Qualche anno dopo, ripensando a quanto accaduto, avrei dovuto rispondere: “sì, papà, sto bene e sono consapevole di essere un pazzo“.
Ma forse papà, già allora, aveva capito più di me quanto fosse forte la passione per quell’attività che mi manca ogni giorno come l’aria.

Sono stato fortunato.
Ogni tanto rivedo le foto della mia vettura dopo lo schianto e mi dico “non ho la minima idea di come sia possibile non essermi ammazzato“.

Ah, dimenticavo: quello strano rumore che avevo sentito era la gomma anteriore sinistra, esplosa prendendo un pezzo di metallo che aveva tagliato di netto il battistrada.

Non pensiate che sia folle quel che ho fatto in quei giorni.
L’ho pensato per anni ma non era follia.
E’ la normalità per chi indossa quella divisa.

Potete anche capire più di noi di regolamento ed episodi.
Ma la passione no.
Chi non ha mai vissuto le nostre esperienze non potrà mai capire la passione che ci anima e che ci spinge ad andare avanti, nonostante polemiche, insulti, minacce, violenza.

Ciao Loris.
Non ti dimenticheremo mai.
Come non abbiamo dimenticato Luca.

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32 commenti
  1. Roberto
    Roberto dice:

    È perfettamente così.
    È quella bastardissima e meravigliosa passione.
    E non c’è niente da fare, senza retorica, chi non l’ha vissuta, chi non ne è stato travolto, non potrà mai mai mai capire.

  2. Stefano
    Stefano dice:

    Bel racconto. Triste racconto. Tanta passione. Tanto amore. Anche un po’ di insensibilità da parte di alcuni, che però se si legge tra le righe, è comprensibile. Volevo dirle che da quando la leggo, in accordo su tante cose e con un pensiero diverso su altre, come fortunatamente è normale che sia, mi ha fatto comunque aprire la mente e il punto di vista, troppo troppo spesso unilaterale per un tifoso o sportivo che esso sia. Mi ha fatto tornare in mente le parole di mio zio, osservatore, vecchio assistente di una arbitro famoso come Menegali, che accompagnavo nelle sue trasferte su cambi come quelli da lei citati, improponibili e meravigliosi, i suoi consigli che dava ai ragazzi a fine partita, le posizioni da tenere, gli atteggiamenti…. meraviglioso da ascoltare per un bimbo che a 10 anni già impazziva per questo gioco (non riesco a chiamarlo sport…). Ecco, vorrei dirle, però, al di fuori di questa triste storia, che la passione che spinge uomini a fare cose fuori dal sensato, è forse proprio il senso della vita. Anzi.. senza forse. Poi, serve sempre un po’ di fortuna, in tutto. Sicuramente anche per andare ad arbitrare in B, sicuramente tanta tanta per arrivare in A. Ma anche se si rimane per sempre in Promozione, almeno sei riuscito a tenerti stretta la passione.

    Mandare un bacio a quei poveri ragazzi a cui la sfortuna ha voltato le spalle e parlarne ora, comunque, è realmente tenerli in vita in noi. Grazie per il suo racconto.

  3. Stefano
    Stefano dice:

    Ciao Luca. Grazie di cuore per queste riflessioni. Sono stato arbitro anche io, a 15/16 anni, e sono stato mandato via in malo modo dalla mia Sezione. Ma nonostante tutte le cattiverie che ho subito, questi pensieri mi hanno fatto capire, nonostante tutto, quanto è bello essere arbitri se c’è la passione, una cosa che le mie esperienze mi avevano fatto quasi dimenticare. Non credo che rifarò il corso per diventare arbitro (ne avrei la possibilità, visto che “ufficialmente” sono stato io a dimettermi e tra l’altro vivo pure in un’altra città), visto anche che, essendo uno studente fuori sede, sono un tantino più impegnato di allora. Ma questo tuo articolo mi ha permesso, oltre che di riflettere su quanto sono fortunato, di “fare pace” con un mondo che, nonostante la mia passione, per anni ho faticato ad apprezzare. Grazie di cuore.

  4. Leonardo Sensi
    Leonardo Sensi dice:

    Bellissimo pezzo… un abbraccio alla famiglia del povero ragazzo.. e quando sento dire che in fondo riscuotono beh, dovrebbero chiedersi se loro farebbero certi sacrifici per pochi euro… hai ragione Luca è semplicemente passione

  5. Michele Carbone
    Michele Carbone dice:

    È passione pura. Garantito! Mio figlio (che ora non arbitra più) mi costringeva a fare 70 km ogni martedì quando a poco meno di 15 anni iniziò il corso arbitri a Bari. Lasciando riposare in ☮️ questo ragazzo, spenderei qualche parola per i suoi genitori. Non oso immaginare cosa stiano vivendo ora. Posso solo simbolicamente abbracciarli. Una prece. ,?

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Hai ragione, forse dovevo farne menzione.
      Ma ti assicuro che ho scritto questa riflessione in venti minuti, senza ragionarci troppo.

      UN abbraccio ad amici, parenti, genitori ed anche a tutta la sezione di Aosta.

  6. Pier
    Pier dice:

    C’è una persona come migliaia d’altre che nel fine settimana decide di rinunciare ai piaceri e alle comodità per mettersi in gioco. Perde d’improvviso ogni conformazione, non è più alto o basso, biondo o moro, simpatico o antipatico ma il suo essere si riassume nel completo che va ad indossare, che deve distinguersi tra gli altri, per essere riconoscibile.

    Nel suo farsi vedere però diventa invisibile.

    Direttore di un orchestra i cui elementi suonano musiche diverse, con la bacchetta dà indicazioni e suggerimenti pronto ad intervenire per appianare ogni eventuale stonatura.

    E’ una persona come tante altre, con amici, famiglia, lavoro o corso di studi. Con interessi, passioni e amori. Dal lunedì al sabato.

    La domenica diventa il nemico di tutti gli schieramenti, comunque vadano le cose.

    Non solo deve saper gestire i musicanti ma deve anche guardarsi dal pubblico sempre pronto (e ben felice di farlo) a sovrastarlo con fischi e insulti.

    Ma questa persona, ogni domenica, cresce un po’ di più. Matura. Si rafforza.

    La passione per lo sport, l’amore per il ruolo che riveste è superiore a tutte le umiliazioni che deve subire ma di cui in pochi si accorgono. Ogni domenica gli si ricorda la professione della madre e i piaceri che altri offrono alla moglie o fidanzata mentre lui, a testa alta, corre per 90 minuti tra le righe di un campo minato in cui in ogni angolo può esplodere qualcosa.

    Deglutisce bocconi amari, suda e la tensione nervosa lo tiene sempre all’erta. Sul prato verde non si hanno amici. Né conoscenti. Ci sono 22 leoni infuriati che non vedono l’ora di azzannare e ridurre a brandelli corpo e anima di quella figura solitaria.

    Ventidue leoni che perdono per colpa dell’arbitro e vincono malgrado l’arbitro.

    Eppure, ogni domenica, questa persona mette da parte ogni malinconia e malumore e col sorriso sulle labbra si reca nel suo rettangolo preferito sapendo in anticipo che in qualsiasi angolo possa aprirsi un baratro per inghiottirlo.

    Cerca di dare il massimo, il meglio di sé. Non solo per la soddisfazione personale, per il successo personale, per là carriere ma anche per essere sicuro di poter tornare a casa tranquillo. Integro. Sano.

    Alla domanda “ma chi te lo fa fare?” di solito risponde con un sorriso, abbassando la testa timidamente. Non è per il rimborso delle spese, che di tante volte non copre nemmeno il carburante consumato. Non è per la tessera che permette di entrare gratis allo stadio, perché la domenica questa persona ha il suo stadio col suo pubblico che diventa la sua Serie A, la sua Champions League e quello che succede sul terreno di gioco della squadra del cuore può solo ascoltarlo alla radio, in auto, mentre torna a casa.

    Viene proprio da chiedersi cosa spinga questa persona, magari a 20 anni, a tornare a casa presto il sabato sera mentre gli amici rimangono a divertirsi da qualche parte, a svegliarsi presto la domenica con la nebbia, il sole, la pioggia, la neve o il ghiaccio sapendo già che il copione sarà simile a tutte le altre volte? Cosa la spinge ad addossarsi tanti doveri e pochi diritti, che di solito questi ultimi, emergono solo quando qualcosa è andato davvero storto? Cosa la spinge a non mollare anche quando sa che la serie A la potrà vedere solo in televisione o da spettatore, a causa di limiti d’età, fisici o tecnici o per strani giochi del “destino” restando sempre con la stessa, immutata voglia e forza di volontà del primo giorno?

    Viene da pensare che l’arbitro sia un essere masochista a cui piaccia farsi male e a cui piaccia soffrire. Invece no.

    E’ un eroe, a modo suo. Nel suo piccolo. Che permette ad altri di giocare e divertirsi e vive di passione e per la passione che ha scelto.
    Magari contro ogni logica. Ma si sa, al cuore non si comanda e quando batte forte, come prima del fischio di inizio o mentre si indossa la divisa, nemmeno la ragione può fare qualcosa.

    Corre più degli altri e suda più degli altri. Senza mai poter esultare se non da solo. E da solo esce dal campo. Da solo si rimette in macchina, tirando il fiato e pensando già alla prossima domenica.

    La borsa è pronta. Si parte ancora.

    Loris e Luca non li ho mai conosciuti ma erano dei nostri. Con tutta la vita davanti e tanta, tanta passione. E da ex arbitro, ex collega provo tanto dolore.

  7. Tommaso
    Tommaso dice:

    Venerdì sera. Il sabato sera è prevista una piacevolissima serata con la classe delle superiori. Una bella occasione per stare insieme. Intorno alle 18 chiama il Pronto AIA “Tommaso ce la faresti sabato pomeriggio a coprire una partita?” Mi blocco un momento. La serata con gli amici? Evidentemente non sarei tornato a casa per la sera ma sarei rimasto a Pisa per la partita della domenica mattina. Decido di accettare. Scrivo sul gruppo. Tutti se la sono presa con me. Ho provato a spiegare. Niente. Non hanno capito. Per loro faccio una cosa stupida per una miseria.
    Sabato mattina. Scrive una mail il Presidente del CRA Toscana “Lutto al braccio per il collega Loris”. Chi sarà mai? Mi informo. Mi blocco la seconda volta nel giro di due giorni. Non lo conoscevo ma stava facendo la stessa follia (in proporzione) per pochi soldi. Sabato ho arbitrato malissimo. Ero scollegato. Ero fuori contesto. La concomitanza del fatto che io ero vivo e arbitravo e un ragazzo di 25 anni che andava a fare la stessa cosa era morto mi ha scosso parecchio.

  8. Gian Franco Romano
    Gian Franco Romano dice:

    Bellissime parole.. Complimenti
    Adesso un attimo di silenzio per ricordare questo Ragazzo.

  9. Gianni
    Gianni dice:

    Quella mattina la notizia dell’incidente di Luca-Mister Jones circolò da presto. Con gli altri colleghi e amici osservatori di CanPro ci scambiavamo messaggi increduli. Poi arrivò l’email di Roberto Rosetti, nostro OT, strarimpianto negli anni a seguire vista la sua statura tecnica e umana… e visto anche chi lo rimpiazzò. In quelle parole non c’era una goccia di retorica, solo (“solo”) un dolore sordo, insolubile. E tanta determinazione. Da condividere fra noi.
    Arrivarono le designazioni per la domenica seguente. Quell’anno si faceva squadra con la terna, dovevamo contattarla, incontrarci, pranzare insieme, andare poi allo stadio. Lo feci, lo facemmo anche quella settimana. Vuoti, quasi imbarazzati. La vita andava avanti, tornammo sui campi. Come adesso, dopo Loris. Un modo per farli vivere ancora. Fra l’odore dell’erbetta tagliata di fresco e i colpi di fischietto e gli “ arbitro, è fallo!”. Passione, pura e semplice. Che ha in sé la sua ragione.
    Violenti, odiatori social, ignoranti di Regolamento, educazione e cultura sportiva: quanta vita vi siete persi; quanta ancora ve ne perdete!..

  10. Pasquale
    Pasquale dice:

    Luca mi dispiace correggerti ma il motivo per cui questo povero ragazzo fosse alla guida, da solo, in pieno inverno, alle 5 di mattina si conosce benissimo: glielo hanno imposto. Alla cai pianificano le designazioni con 10 gg di anticipo e l’organizzazione dei viaggi in aereo e/o con pernotto viene demandata alla carlson con l’obbligo del massimo risparmio. È tutto una follia, a partire dalla designazione (la Basilicata non ha aeroporti né Treni alta velocità, l’eccellenza equivale alla prima categoria eppure hanno mandato l’arbitro più distante geograficamente). Purtroppo la morte di Luca colosimo, che conoscevo benissimo, non ha insegnato niente. E sono indignato per questo.

    • CP
      CP dice:

      Caro Pasquale le tue parole sono molto, molto lontane dalla REALTÀ. ciò che è successo è una grande ingiustizia , un ragazzo così giovane! Ma anche estramamente FELICE ed ENTUSIATA di questa designazione ricevuta, in Basilicata! Un potenziale trampolino di lancio per la sua crescita in questa sua passione! Posso dirti con assoluta cognizione di causa che ciò che hai detto sulla Cai e sull’organizzazione delle trasferte (ma in qualsiasi categoria è cosi) sia veramente lontanto dal lavoro che veramente c’è dietro a tali decisioni. Nessun tipo di superficialità, ma estrema attenzione a tutto! Tanta rabbia per la scomparsa di Loris … ma cercare colpevoli di tale tragedia sarebbe un’ulteriore ingiustizia . Il fato, il destino, non esistono perché! Solo lacrime e portare avanti a testa alta il ricordo di un ragazzo pieno di Passione sia per l’arbitraggio che per la sua vita privata e professionale!

    • Pasquale
      Pasquale dice:

      Sarò anche fuori strada, ma sta di fatto che quando ci fu la tragedia di Luca Colosimo cambiò la politica dei viaggi e fu in automatico concesso il secondo pernotto per le gare che iniziavano dopo le 17:30 (e nell’allora lega pro gli arbitri avevano ampia autonomia organizzativa). Non vedo perché lo stesso discorso non valga, a maggior ragione, per la cai dove i ragazzi viaggiano per forza di cose da soli e non decidono niente di orari e sedi dei pernottamenti.

    • Luca Marelli
      Luca Marelli dice:

      Ti rispondo in off topic.
      Trovo assurdo polemizzare.
      Pensa agli amici, ai parenti, ai genitori, alle persone comuni che leggono i tuoi commenti adesso.
      C’è un momento per tutto.
      E c’è anche il momento per mettere da parte queste discussioni perché oggi non ci portano niente di positivo.

      Pensaci.

    • CP
      CP dice:

      Pasquale funziona così anche alla cai, ma ciò che hai scritto non ha la minima pertinenza con il caso specifico di Loris. La trovo un’argomentazione fuori luogo perciò. Dover trovare per forza un colpevole , forse per alleggerire la tristezza, ci sta… fa fino ad un certo punto. La saluto

    • Pas
      Pas dice:

      Mi dispiace contraddirvi ulteriormente ma parlo con cognizione di causa, dato che sono stato compagno di stanza di Luca colosimo a sportilia e ho fatto tutta la trafila arbitrale: perciò nessuno può spiegarmi il dolore per la perdita di un amico e collega, oltre alla passione per questa attività.
      É ormai accertato che Luca morì per un colpo di sonno dato che era ancora alla guida alle 3 di notte dopo la gara ed è un fatto che le disposizioni sui viaggi sconsigliavano i doppi pernotti: da quel momento furono sempre concessi per le gare nel tardo pomeriggio e vietati i viaggi in auto oltre i 1000km AR.
      E ricordo benissimo lo sgomento nel pensare a tutti i rischi che avevo corso fino a quel momento per andare ad arbitrare: in particolare una gara di can D a eliminazione diretta a oltre 500 km da casa che si disputava alle 17:00. Nonostante fossero possibili i tempi supplementari (che infatti si disputarono, finimmo alle 20:00), fui costretto a fare trasferta in giornata su disposizione dell’ot per questioni di budget. Ancora non so come feci a tornare a casa, sta di fatto che rientrai alle 3 passate. Di seguito il link al rimborso spese con gli orari. https://i191.photobucket.com/albums/z266/pasquale_sa/8264D290-B311-43CF-A285-9E5322C612E6.jpeg

      Aggiungo che nel mio anno cai ho fatto quasi sempre trasferte in giornata e comunque mai partendo prima delle 8 di mattina e rientrando entro mezzanotte: eppure feci comunque il mio buon campionato.
      Se poi vi sembra normale che un ragazzo debba mettersi alle 5 di mattina in auto per prendere il volo delle 7 mentre ce ne sta uno comodissimo alle 9, fate pure. Ma non parlate di fatalità.

    • Pas
      Pas dice:

      Mi dispiace se sono stato intempestivo o ho potuto infastidire qualcuno. Puoi tranquillamente cancellare i miei interventi precedenti e avremo modo in futuro di confrontarci nel merito. Un Abbraccio

    • CP
      CP dice:

      Lascio perdere anche io. inutile proseguire. Tanto è cambiato dopo Luca. Ma Luca e Loris cose diverse. Sarebbe assai brutto e fuori luogo scendere nei minimi dettagli di entrambi le parti, se proprio vogliamo essere sinceri! Troppo facile dare la colpa alle “organizzazioni” …. TROPPO! saluti

  11. riccardo
    riccardo dice:

    Una delle cose di cui mi rammarico: essermi dimesso dall’AIA.
    Quanto mi sono mancati gli incontri del lunedì in sezione! e le penne al sugo che il Leoni preparava intorno alla mezzanotte. E i racconti con gli altri arbitri, tutti riuniti nel salone tra una partita di subbuteo e una smazzata di carte. Partecipavano tutti: i CAN (allora Firenze aveva 5/6 arbitri che bazzicavano tra A e B), i colleghi di serie C e quelli delle categorie inferiori, quelli che potevano raccontare le storie più belle. E durante la settimana aspettare le designazioni, tra una telefonata del Delegato tecnico ed una del CRA che ti diceva di stare attento, perchè quel campo poteva essere anche “Caldo”. Il mercoledì, a Coverciano, allenamento e partita tra di noi: che pedate volavano, era forse per quello che avevamo scelto di fare gli arbitri? E i più anziani portavano anche i figli. Era una grande famiglia, con momenti di tensione (a fine stagione, pensando a chi sarebbe passato) e altri di sana goliardia. Era il merito di una generazione sicuramente più serena, ma anche di un bravo Presidente, a cui anni dopo la gloriosa sezione Carlo Poderini fu dedicata.
    Riposate in Pace, Loris e Luca.

  12. Matteo Spadoni
    Matteo Spadoni dice:

    Questa è probabilmente la più bella cosa che abbia letto su questo sito da quando lo seguo, circa un anno e mezzo. Ho pensato che probabilmente non l’avrei più riaperto, per colpa di degli imbecilli con cui dobbiamo, per forza convivere (grazie al cielo però, visto che anch’io potei essere un imbecille per gli altri). Spesso quando guardiamo lo sport, qualsiasi sport, ci fermiamo ai giocatori. L’arbitro è un’entità astratta, con cui prendersela se non si arriva all’uva. Mi è capitato tante volte, e tante altre mi capiterà, do prendermela con un arbitro per una scelta, una decisione. Perché per noi spettatori e giocatori devono essere perfetti. Mai uno, io in primis, che dica: è un umano. Mai nessuno che se la prende con il giocatore che ha sbagliato un tiro a porta vuota.
    Ma un fuorigioco di 2 cm falsa un campionato.
    Abbiamo letto la bellissima, normale, storia di un ragazzo che sognava la sua passione. Se non ne facciamo un insegnamento, siamo brutte persone.

  13. Pietro
    Pietro dice:

    Non voglio paragonare la mia esperienza a questi tragici incidenti, spero di non offendere nessuno, ma, anche se non faccio l’arbitro, posso capire, non conta nulla quanto si “prende”, la passione spinge a fare cose poco normali. Il mio lavoro non c’entra nulla con lo sport, mi occupo di informatica, sono una persona fortunata, faccio un lavoro che adoro e vengo pure pagato per farlo, spesso torno a casa tardissimo, magari le tre o quattro di mattina perché non riesco a “mollare” quella che per me è una sfida intellettuale e pratica, però la soddisfazione di avere trovato una soluzione, di avere imparato qualche cosa di nuovo mi rende quasi euforico, non rinuncerei per nulla al mondo. Con i dovuti distingui, capisco.

  14. Fernando
    Fernando dice:

    Torno a scriverle qui dopo tanto (mai smesso di seguirla e leggerla comunque) per rinnovarle ancora una volta la mia stima. Bel pezzo, davvero.

  15. Maurizio Crippa
    Maurizio Crippa dice:

    A volte, ed è questo il caso, ogni commento è inutile. Però prendersi un minuto in una giornata frenetica per riflettere sul reale significato della vita, su quello che veramente ci appassiona no, questo non è inutile. La ringrazio per avermi reso partecipe di questo suo momento realmente intimo che fa intravedere un dolore misto a nostalgia, un momento in cui, probabilmente, si è reso conto dell’importanza, anzitutto per Lei, della sua opera di divulgazione. Di ciò, egoisticamente, sono felice, perché le Sue spiegazioni mi mancavano ma le prometto che non dimenticherò mai di questo ragazzo morto per inseguire il suo sogno.

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