Tagliavento, il talento recuperato tra le cadute

Parlare di Tagliavento è un po’ come rituffarsi nel passato, rivivere tanti anni passati nelle medesime categorie, dividendo decine di raduni ed infiniti campionati.

Significa anche ricordare gite a Terni partendo da Amelia, piccolo paese umbro ove mi trovavo in vacanza per ricaricare le “batterie” dopo il raduno estivo a Sportilia.

Ma, soprattutto, è un piacere. Un piacere perchè Inter-Juventus è stato un passaggio di grande importanza per l’arbitro ternano, un grande talento da qualche stagione appannato per una serie infinita di motivi. Una gara partita malissimo a livello massmediatico, a causa di giornalisti non sempre adeguatamente obiettivi e che avevano accolto con malumore la scelta di Messina.

Scelta forzata, indubbiamente, anche e soprattutto per le polemiche del passato più o meno recente, soprattutto con l’Inter (ancora oggi ricordiamo il segno delle manette di Mourinho, squalificato per tre giornate quel gesto assurdo) ma scelta legittima, trattandosi di un arbitro che si sta avvicinando alle 200 presenze in serie A e che da anni appartiene alla categorie Elite degli arbitri internazionali (assieme a Rizzoli, Rocchi ed Orsato).

Una scelta, alla fine, premiata da una prestazione impeccabile: preciso nelle sanzioni disciplinari, presente a livello fisico (è apparso nuovamente tirato a lucido anche atleticamente), mobile, sempre concentrato e con un livello altissimo di accettazione da parte dei calciatori. Certo, inutile negare che anche gli stessi giocatori lo abbiano aiutato, disputando una gara tesa (come si conviene al derby d’Italia) ma sostanzialmente corretta, dura ma leale. Alla fine un espulso (ineccepibile la doppia ammonizione all’ottimo Banega), qualche ammonito e nessun episodio su cui recriminare.

Paolo Tagliavento, promosso in A/B nel 2003

Un arbitro ritrovato? Me lo auguro, ormai da tempo avevo francamente perso le speranze di tornare ad ammirare quell’arbitro che…

Giugno 2003.
Si aspettano le designazioni per le finali dei vari campionati di serie C. In quel periodo la categoria era divisa in C/1 e C/2 ed i playoff constavano di 5 finali, due di C/1 e tre di C/2.
Mattei, noto nell’ambiente per il suo carattere decisamente burbero ma straordinariamente umano, aveva anche il “vizio” di prendersi dei rischi notevoli, lanciando nella mischia arbitri del tutto inaspettati.
E così, mentre mi trovavo in ufficio con un caldo pazzesco (quella del 2003 verrà ricordata come una delle estati più calde di sempre), arrivò una telefonata totalmente inattesa, con la designazione per la finale dei playoff di C/1 tra Martina e Pescara. Designazione accolta con un misto di soddisfazione e (lo dico dopo 13 anni) paura. Paura perchè le mie condizioni fisiche erano semplicemente terribili, considerando che ormai da un mese non mi allenavo con regolarità per una dolorosissima tendinite bilaterale.
Gara in programma alle ore 16.00 dell’8 giugno. All’orario di inizio la temperatura era di circa 42 gradi con un’umidità impressionante. Usciamo dal container / spogliatoio già cotti, i tendini mi fanno malissimo. Correre in quelle condizioni e con quel caldo è praticamente impossibile, mi aiuta il campo piuttosto piccolo ed un ritmo non certo impossibile. Dopo 20 minuti sono già “finito” ma, per fortuna, la gara si conclude senza particolari problemi. Alle 18.00 circa, ora di chiusura della partita, la temperatura era ancora di 39 gradi. Non dimenticherò MAI la sofferenza di quel giorno.

Solitamente le gare di ritorno delle finale erano assegnate agli arbitri che, poi, sarebbero stati promossi alla categoria superiore (al tempo la CAN A/B). Bene o male era nell’aria una sorpresa, la promozione dopo sole due stagioni di un arbitro che, piano piano, aveva superato tutti i concorrenti. Anche il vostro modesto narratore, unico (con Paolo) ad essere stato impegnato nelle finali di C/1 nonostante fossimo solo al secondo anno di permanenza.

Quell’arbitro era proprio Tagliavento che venne designato per dirigere la gara di ritorno.
Gara che si concluse 2-0 per gli abruzzesi e che consegnò agli archivi l’ennesima, magnifica direzione dell’arbitro ternano, la 22esima in C/1. Con 44 gare totali (22 in C/1 e 22 in C/2) divenne il secondo arbitro (dopo Trefoloni) ad essere promosso in CAN A/B dopo due soli anni di permanenza in CAN C.

Da quel momento la carriera di Paolo proseguì senza praticamente alcun intoppo fino a quel maledetto mese di maggio 2006.
L’avvenimento lo ricordiamo tutti e lo ricordo spesso anche io, non tanto per le implicazioni personali (non venni nemmeno sfiorato dall’inchiesta) ma per il fatto che ha segnato profondamente i miei ricordi, lasciandomi immagini che mai potrò dimenticare.

Tra i giovani arbitri, in organico da tre anni o meno, vennero coinvolti solo 2 elementi, Rocchi e Tagliavento.
Non dimenticherò mai quella giornata.
Fu in quel pomeriggio che mi convinsi che Paolo e Calciopoli non avessero assolutamente nulla in comune.

Spesso siamo colpiti dalla reazione delle persone di fronte alle difficoltà. C’è chi reagisce spavaldamente, chi se ne frega, chi cerca di nascondersi. Tutte reazioni che, sotto sotto, nascondono la consapevolezza di voler apparire sereni mentre sereni non si è per nulla.

Quel pomeriggio Tagliavento non si rinchiuse in camera. Dopo aver ritirato l’avviso di garanzia dai Carabinieri presentatisi a Coverciano alle 7 del mattino, rimase nel giardino di fronte alla reception del Centro Federale.
Proprio nel mezzo di quello spazio antistante la reception c’era una sorta di gazebo nel quale tanti di noi si fermavano a fumare (sì, fumano anche gli arbitri) dopo pranzo o dopo cena.
Quel giorno, invece, si formarono tanti piccoli gruppetti di arbitri. Da parte mia, al primo anno e totalmente spiazzato da quella mattinata, provavo un bel po’ di imbarazzo e, per gran parte del tempo, passai il tempo in camera, camera 201 con balcone affacciato sul parchetto antistante la reception.

Durante una delle 30/35 pause sigaretta della mia giornata ai tempi, vidi una scena che non dimenticherò mai. Tagliavento si trovava proprio in quel gazebo, seduto in mezzo ad altri arbitri e, nonostante fosse già 34enne e padre di famiglia, piangeva disperatamente continuando a ripetere “non c’entro niente”.
In quel momento preciso fui convinto che Tagliavento ne sarebbe uscito con gran dolore ma assolutamente pulito.

Così fu. Le accuse ipotizzate caddero una ad una, prima davanti alla giustizia sportiva e, successivamente, anche davanti alla giustizia ordinaria.

Onestamente, ed a distanza di anni, ancora non sono in grado di capire come siano riusciti gli arbitri coinvolti a continuare la propria attività, senza crollare a livello nervoso e tecnico. Un giorno glielo chiederò.

Dopo quella tristissima pagina (sì, tristissima anche per me nonostante l’inchiesta mi sia semplicemente passata di fianco), Tagliavento torna in campo con la convinzione di prima, forse un po’ indurito nel carattere ma sicuramente non “arrugginito” nelle qualità tecniche.

Sei mesi dopo, gennaio 2007, viene inserito nella lista degli arbitri internazionali e, quattro anni dopo, nella categoria Elite.

La carriera di Tagliavento non conosce più soste, anche se incappa in giornatacce che segneranno la sua carriera (come non ricordarsi del famoso gol di Muntari in Milan – Juventus?). Tutto normale, non esiste un singolo arbitro di lunga carriera che non abbia avuto giornate pessime e polemiche infinite.

Poi, però, inizia un periodo abbastanza strano per l’arbitro ternano che non convince, in alcune circostanze appare addirittura appesantito fisicamente e conclude la stagione 2015/2016 in deciso calo. Non so dire se il calo abbia comportato un utilizzo quasi nullo in campo internazionale oppure se l’utilizzo quasi nullo in campo internazionale lo abbia portato ad un calo di prestazioni. Resta il fatto che, la scorsa stagione, Tagliavento “vede” la Champions una sola volta, nella fase a gironi ed in una delle più inutili gare dei gironi eliminatori (Dinamo Zagabria – Olympiakos, totalmente ininfluente per la classifica del raggruppamento) e conclude la sua corsa internazionale con la sfida di ritorno dei sedicesimi di Europa League Rapid Vienna-Valencia, risultato dell’andata 0-6…

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Questa dovrebbe essere la penultima stagione di Tagliavento (che compirà 45 anni a settembre 2017) e, nelle prime uscite, pare rifiorito. Anzi: voglio credere che sia rifiorito.
Sarà casuale che la direzione praticamente perfetta di Inter-Juventus arrivi appena 4 giorni dopo l’eccellente prestazione in Champions’ League tra Real Madrid e Sporting Lisbona? Può essere una coincidenza ma rimango dell’idea già espressa in decine di occasioni: sentire la fiducia, per un arbitro, è la miglior medicina per scendere in campo sereni, sicuri dei propri mezzi, senza la paura di sbagliare.
Lo ammetto senza alcun problema: non ho la minima idea del motivo per cui Collina, lo scorso anno, abbia sostanzialmente umiliato tecnicamente Tagliavento per poi riproporlo quest’anno, e nel primissimo impegno, al Bernabeu. E’ vero che Collina non è certo noto per le sue scelte meritocratiche ma rimane il fatto che la designazione di Madrid sia stata accolta con soddisfazione ma, soprattutto, con sorpresa. Adesso attenderemo di sapere, nelle prossime giornate, se si sia trattato del contentino preventivo oppure se il designatore UEFA abbia cambiato di nuovo idea a caso, senza logica e senza spiegazioni plausibili.

Resta il fatto che, ieri, Tagliavento è apparso in forma smagliante e, soprattutto, in piena fiducia dei propri mezzi, ciò che difettava lo scorso anno, nel corso del quale (soprattutto negli ultimi mesi) ogni decisione veniva assunta con poca convinzione, con un linguaggio del corpo che esprimeva tutto il malessere tecnico del ternano. Difetti che, ieri, non si sono nemmeno intravisti. Mi auguro che la giornata appena passata non sia un’eccezione ma solo il primo passo di una stagione da incorniciare come, oggettivamente, non gli capita da qualche anno.

Se poi evitasse di avere sempre un atteggiamento troppo aggressivo e si lasciasse andare, qualche volta, ad espressioni facciali più rilassate… va bene, non esagero con le speranze e mi limito all’augurio di vederlo ancora a questi livelli per due anni.
E per soli altri due anni, non me ne voglia: le regole ci sono per essere rispettate. Per tutti.

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