La stagione degli arbitri (2019/2020): prima parte

La premessa è d’obbligo.
Al di là del fatto che, come sapete, non giudicherò mai numericamente un arbitro (un po’ per rispetto, un po’ perché trovo assurdo classificare le persone con un voto che nulla dice), non possiamo sottacere un dato di fatto: la qualità media degli arbitri è in continuo calo e questa stagione atipica ha solo confermato una decrescita (infelice) che trova la sua genesi nel clamoroso errore di Nicchi che, nel 2010, decise di dividere CAN A e CAN B.
Non è certo un caso che lo stesso Nicchi abbia intenzione di riunificare le due commissioni, di fatto ammettendo il fallimento tecnico di quanto deciso dieci anni fa.
D’altronde non è un mistero che la spinta innovativa (se mai c’è stata) di Nicchi si è esaurita ormai da parecchi anni e solo particolari equilibri gli consentono di superare gli avversari che, volta per volta, gli si parano dinanzi.
Certo, questo è dovuto anche alla debolezza degli antagonisti che, nel tempo, hanno dimostrato di non avere alcuna idee innovativa ma solo confusi ideali associativi.
Se a questo aggiungiamo un uso dei social al limite dell’imbarazzo da parte di chi si propone o proporrà come alternativa, è facile capire per quale motivo un presidente debolissimo come Nicchi possa continuare ad essere rieletto.

Rosario Abisso (sezione di Palermo), terza stagione

Si chiude un’annata anonima per il siciliano, ancora alla ricerca delle certezze perdute da oltre un anno.
Non è un mistero che quel Fiorentina-Inter del febbraio 2019 pesi ancora come un macigno: pesa per l’arbitro (che non è ancora tornato alla qualità delle prestazioni offerte prima di quella serataccia) e pesa anche per la commissione presieduta da Rizzoli che ha provato qualche azzardo con Abisso ma, in realtà, non lo ha mai scelto per gare di prima fascia.
Mancano completamente i big match ma anche gli impegni di prima fascia hanno latitato per tutto il campionato.
Se pensiamo che la gara più importante della sua stagione è stata Atalanta-Cagliari dell’11esima giornata (in quel momento i bergamaschi erano terzi ed i sardi sesti), è facilmente comprensibile che non solo le prestazioni offerte siano state molto contraddittorie ma anche che Rizzoli non si fidi fino in fondo del palermitano.
Fino all’anno scorso era uno dei candidati assoluti per essere nominato internazionale, quest’anno non è nemmeno tra i papabili: segno evidente che la sua credibilità è molto scesa negli ultimi tempi.
Diciotto presenze in campionato, la sensazione è che, in caso di riunificazione delle commissioni di A e B, l’anno prossimo faticherà (e non poco) ad andare in doppia cifra.
Arbitro da recuperare ma non sarà facile, soprattutto se non troverà qualcuno che gli indichi una strada da percorrere.

Gianpaolo Calvarese (sezione di Teramo), ottava stagione

In linea di massima Napoli-Lazio dovrebbe essere stata la sua ultima apparizione in campo: giunto all’ottavo anno di permanenza alla CAN A e senza il “passaporto” da internazionale, Calvarese ha raggiunto il limite massimo di permanenza nella massima categoria.
Una regola assurda che tale era anche trent’anni fa e sulla quale, naturalmente, Nicchi non ha messo mano (tanto per non smentire l’immobilismo della “sua” AIA).
Calvarese è un caso molto particolare: nel giugno 2010 ha rischiato di essere dismesso dalla CAN A/B, anche (se non soprattutto) per dissapori con il designatore. Due anni dopo ha ottenuto la promozione alla CAN A: non era partito tra i favoriti ma riuscì ad imporsi nella serie cadetta con una lunga serie di prestazioni di valore.
Nei primi anni di CAN A non ha impressionato, anzi: praticamente abbonato a designazioni di seconda/terza fascia sembrava destinato a vivacchiare nella massima categoria, ottenendo conferme nell’organico più grazie alle dismissioni programmate che per effettivi meriti.
Rizzoli è stato fondamentale nella sua crescita: il nuovo designatore lo ha (quasi) subito provato in partite di maggior delicatezza e, nelle ultime tre stagioni, sono pochissime le gare nelle quali sia incappato in errori gravi.
Qualcuno si è “lamentato” per non aver dedicato un pensiero a Calvarese in occasione della sua ultima partita.
Ebbene, al di là del fatto che i tributi li dedico a chi mi pare e non certo per dovere, in ogni caso c’è un varco (per la verità molto stretto) che potrebbe portare un regalo inatteso per l’abruzzese: se dovessero essere riunite le CAN, infatti, non è del tutto escluso che possa “guadagnare a tavolino” un paio di stagioni in più. Certo, questa ipotesi è l’ennesima dimostrazione di una presidenza Nicchi che si regge più su equilibri instabili che sulla programmazione: mancano trenta giorni circa all’inizio della nuova stagione (il raduno per gli arbitri di A e B è previsto a Sportilia dal 6 al 12 settembre prossimi) ed ancora non si è capito che ci saranno due commissioni oppure una oppure una con sottocommissioni oppure chissà che altro.
La fiera del pressapochismo.

Daniele Chiffi (sezione di Padova), secondo anno

Mai negato e non lo nego nemmeno oggi: ho da sempre un “debole” per il padovano perché, a mio parere, è uno degli arbitri dotato di più talento tecnico puro tra i meno esperti della categoria.
Allo stesso tempo non ho mai lesinato critiche sulle qualità caratteriali di Chiffi: emergere in Serie A necessita di tecnica ma diventa impresa ai limite dell’impossibile se non si sviluppa un’empatia tale da comunicare sicurezza in calciatori, allenatori, dirigenti.
Se tale caratteristica può essere marginale nelle categorie inferiori, nella massima espressione del nostro calcio diventa fondamentale: tra i migliori calciatori ed i migliori tesserati che l’ambito nazionale può offrire, comunicare sicurezza diventa un fattore del quale non si può non tener conto.
La stagione di Chiffi non è stata straordinaria, inutile nasconderlo: paga ancora delle incertezze a livello comportamentale, troppo spesso è apparso in affanno nell’essere accettato anche nelle decisioni correttamente assunte. Un grande arbitro ha la capacità di non sollevare eccessive proteste anche nel caso di scelte sbagliate, per il veneto troppo spesso si è palesata una difficoltà di essere ben accolto anche nelle circostanze più banali.
Detto ciò, nell’ultima parte del campionato abbiamo osservato qualche passetto in avanti: è riuscito a lavorare sul linguaggio del corpo, ha cominciato ad assumere sicurezza nel dialogo coi calciatori, ha mostrato meno titubanze nella comunicazione non verbale (postura, sguardo, atteggiamento).
Il prossimo passetto è molto complesso: riuscire a sostituire alcune ammonizioni inutili con richiami verbali e con un’opera di prevenzione che spesso manca per mancanza di quel carisma che pian piano sta acquisendo. Troppe, decisamente troppe 79 ammonizioni in 17 partite, soprattutto tenendo conto del fatto che non ha ancora diretto una singola gara di prima fascia.
Continuo a pensare che potrebbe compiere il salto di qualità ma il tempo comincia a non giocare a suo favore: è relativamente giovane (36 anni a dicembre) ma gli spazi rischiano di stringersi molto, soprattutto in caso di riunificazione della CAN A e della CAN B.

Marco Di Bello (sezione di Brindisi), sesta stagione

Viene indicato come uno dei giovani sui quali impostare il futuro ma tanto giovane non è: 39 anni compiuti, internazionale, pochi squilli in una stagione che doveva essere di consacrazione ma che, al contrario, ha offerto più ombre che luci.
Non posso, però, sottacere che è stato un anno davvero complesso per il pugliese: una questione familiare che si è trascinata per molto tempo e che, purtroppo, si è conclusa in maniera tragica con la scomparsa della più giovane sorella ha influito e non poco sulla serenità dell’uomo prima ancora dell’arbitro.
Mi perdonerete, perciò, se eviterò giudizi sulla stagione che non è stata certamente delle migliori ma sulla quale pesa enormemente un fardello che non è possibile lasciarsi alle spalle.
Rizzoli, nel post lockdown, ha potuto utilizzarlo solo in quattro occasioni, tra le quali la controversa Roma – Inter della 34esima giornata: una delle rare scelte del designatore che non ho capito. Avrei evitato un rischio del genere, soprattutto considerando la difficile situazione psicologica per la questione familiare che avrebbe poi avuto il tragico epilogo solo tre giorni dopo.
Certo, è solo una supposizione ma il ruolo di designatore impone anche queste valutazioni.
La prossima annata sarà decisiva, anche a livello internazionale: Rosetti lo impegnerà fin dalle fasi preliminari delle coppe per tentare un lancio definitivo anche fuori dai confini nazionali (non facile, peraltro), per Rizzoli sarà una delle alternative ipotetiche per i big match, a maggior ragione se, assieme a Rocchi, dovessero lasciare anche Calvarese e Giacomelli.

Daniele Doveri (sezione di Roma 1), nona stagione

La forzatura di gennaio 2019 (nomina ad internazionale senza alcuna prospettiva reale a 41 anni compiuti dato che è un ’77) è stata imposta a causa delle norme senza alcun senso della CAN A e per evitare di doverlo perdere in un momento di grande difficoltà tecnica.
Senza la promozione al ruolo internazionale, infatti, Doveri sarebbe stato dismesso per limiti di permanenza lo scorso 30 giugno 2019.
Nonostante questa forzatura, però, si va avanti imperterriti con norme di funzionamento da medioevo alto: e c’è qualcuno che vorrebbe il quarto mandato di Nicchi…
Stagione da incorniciare per il romano: una serie infinita di big match, prestazioni sempre di altissimo livello coronate con la prima finale di Coppa Italia nel “suo” stadio Olimpico (anche se a porte chiuse), laddove non aveva mai diretto (perlomeno non in gare ufficiali).
Nel suo tabellino i derby di Milano, Torino e Genova (manca quello di Roma per ovvi motivi), un percorso netto con pochissimi errori e la sensazione che la sua crescita non si sia ancora arrestata.
In campo internazionale molto difficile che possa aspirare a qualcosa più dei preliminari di Champions’ League (come accaduto nella scorsa estate), l’età non gioca certo a suo favore.
Certo, pensare che sia stato nominato internazionale dopo otto anni di Serie A dovrebbe far riflettere sulla capacità di riconoscere le qualità degli arbitri e, soprattutto, sull’inesistente programmazione tecnica che ormai da undici anni è la caratteristica principale di un’associazione sempre più verticistica ed irriconoscibile rispetto al passato.
Sarà fondamentale per Rizzoli nella prossima stagione: assieme a Guida, Maresca ed Orsato rappresenta il gruppetto di arbitri  sui quali poter contare sempre e per ogni scontro diretto.

Michael Fabbri (sezione Ravenna), quinta stagione

Non userò mezzi termini: stagione disastrosa.
Se un arbitro può mettere in conto un’annata negativa, quella di Fabbri va oltre ogni peggior incubo.
Rizzoli ci ha provato: lo ha utilizzato con raziocinio fino a dicembre e, al termine di un percorso di avvicinamento intelligente, lo ha presentato nel modo migliore possibile per Lazio-Juventus del 7 dicembre (qui il link di approfondimento).
Una serata dalla quale è uscito a pezzi tanto che, due settimane dopo, si è trovato catapultato in una gare di terza fascia bassa come Torino-SPAL.
Rizzoli, nella miglior gestione possibile di una risorsa potenziale, lo ha tutelato, fors’anche un po’ coccolato oltre i suoi reali meriti.
Fatica buttata alle ortiche con l’incredibile serata di Roma-Parma (qui trovate l’approfondimento sull’8 luglio scorso) che verrà ricordata come la gara nella quale è stato commesso l’errore più incomprensibile dell’intera stagione, nonostante il puntuale utilizzo della tecnologia da parte del VAR Mazzoleni.
Dopo quella serata sono seguiti sei turni di stop ed il rientro all’ultima giornata in una gara senza alcun significato (Brescia-Sampdoria) che sarebbe stata normalmente destinata ad un arbitro della CAN B. Scelta che ci sta: nonostante gli errori un designatore deve tutelare le proprie risorse e tentare di recuperarlo alla causa.
La questione, però, non può essere liquidata così facilmente.
C’è talento in Fabbri?
Per quanto possa sorprendervi, certamente il ravennate ha delle qualità ma la sensazione netta è che, dopo aver ottenuto una (fortunosa) qualifica internazionale si sia seduto sugli allori, ritenendo di essere un arbitro completo.
In realtà, in questo momento, Fabbri non è nemmeno tra i primi dieci arbitri della Serie A e forse nemmeno tra i primi 15: se non ricomincerà a lavorare sui propri limiti, dubito che Rizzoli manterrà ancora a lungo la pazienza, non è mica scritto nella pietra che un internazionale non possa essere privato della qualifica e perdere la categoria.
E attenzione: se dovessero riunire le CAN, Fabbri è uno degli indiziati principali per trovarsi spesso nella serie cadetta a meno che non dimostri di voler cominciare a lavorare sui propri limiti, evitando di porsi come un arbitro già arrivato.
Perché poi questi atteggiamenti non li nota solo l’osservatore da casa ma anche i calciatori: non è certo un caso che le partite dirette da Fabbri si trasformano spesso in corride.
Può essere un caso che, in 15 partite, Fabbri abbia estratto il cartellino giallo in 85 (ottantacinque!) occasioni?

Piero Giacomelli (sezione di Trieste), ottavo anno

Vale esattamente lo stesso discorso di Calvarese: quasi certamente verrà dismesso per limiti di permanenza ma si apre un piccolissimo pertugio di conferma nel caso in cui le CAN dovessero essere riunificate.
Un grande arbitro?
No, non l’ho mai considerato tale ma sicuramente un arbitro di indubbie qualità.

La caratteristica principale di Giacomelli è stata sempre l’enorme calma in campo: rarissimamente oltre le righe, mai un atteggiamento nervoso, un ascendente straordinario sui calciatori, un rispetto acquisito nel tempo grazie al suo approccio.
Se oltre ad un atteggiamento da fuoriclasse ci fosse stata anche una qualità leggermente superiore alla media, in questo momento ci staremmo congedando da un fuoriclasse.
Ma Giacomelli non lo è mai stato.
Non è certo un caso che, nella sua carriera, sono sempre mancati i veri big match e non è nemmeno casuale che impegni di qualità leggermente superiore siano arrivati tutti nelle ultime giornate di questo campionato: Juventus-Atalanta su tutte (mille polemiche sui rigori ma decisioni chiave incontestabili).
Paga la scelta di Rizzoli di aver consegnato il passaporto internazionale a Doveri: non è un mistero che, l’anno scorso ed in piena emergenza tecnica, l’AIA scelse di superare il limiti di un regolamento assurdo consegnando una patch UEFA/FIFA in deroga rispetto al solito. Il ballottaggio fu per mesi tra Doveri e Giacomelli, alla fine si optò per il romano e per evitare che dovesse lasciare la categoria sei mesi dopo.
Non lo nego: non ho mai amato particolarmente Giacomelli ma ciò non mi impedisce di affermare che, se dovesse essere dismesso, la perdita non sarebbe di poco conto, soprattutto per un organico che di qualità reale ne ha sempre meno.
Vedremo…

Antonio Giua (sezione di Olbia), primo anno

La questione sul giovane arbitro sardo inizia nel 2017:

In una delle sue dichiarazioni discutibili, Nicchi disse che Giua sarebbe stato promosso in Serie A alla fine della stagione 2018/2019.
Avrebbe potuto passare come una previsione di massima ma il fatto che effettivamente Giua sia stato promosso alla fine della stagione scorsa ha lasciato un misto di amarezza e rabbia.
Dichiarazione scortese e quantomeno improvvida da parte di chi dovrebbe garantire a tutti gli arbitri pari opportunità di mettersi in mostra e dimostrare il proprio valore.
Ai tempi della dichiarazione sopra riportata (e mai smentita), Giua era ancora in Serie C: su quali basi un presidente nazionale poteva prevedere quel che sarebbe accaduto due anni e mezzo dopo?
Ovviamente la risposta è banale: nessuna.
Lo scorso anno Giua venne promosso in Serie A dopo una stagione discreta ma nulla più, “soffiando” il posto ad Abbattista che lo avrebbe meritato di più sulla base di un rendimento molto superiore e di un curriculum tale da garantire un approccio alla massima categoria meno traumatica.
La stagione di Giua è stata molto sotto le attese degli ottimisti ma assolutamente in linea con quel che mi aspettavo: arbitro in possesso di buone qualità di basi ma decisamente troppo acerbo per la Serie A.
I dati finali confermano i timori: solo 14 presenze (il meno utilizzato in assoluto), mai una partita sopra la seconda fascia bassa (il top è stata Juventus-Genoa alla decima giornata), un campionato concluso con la disastrosa direzione di Parma-Napoli, durante la quale ha concesso tre rigori pressoché inesistenti scontentando chiunque in una gara che non contava assolutamente niente.
Avrebbe avuto bisogno di almeno un altro anno di Serie B per implementare le qualità tecniche (innegabili) e per perfezionare una personalità ancora molto lontana dalle necessità di una categoria diversa dalle altre come la Serie A.
Se tra Serie C e Serie B le differenze sono spesso impercettibili, tra A e B c’è un abisso di differenze: velocità, tecnica, intensità.
Giua non era minimamente pronto per il salto di categoria ed il campo è stato giudice (equanime ma) impietoso.
Se fossi in Giua, sarei il primo a sperare in una riunificazione delle CAN: ciò gli permetterebbe di scendere spesso in Serie B per completare un percorso di crescita bruscamente interrotto dalla scelta (molto discutibile) di accelerare l’approdo nella massima categoria.
Il rischio, concreto, è di finire nel gruppetto dei tappabuchi con qualche rara apparizione con le big in casa contro le ultime in classifica.

Marco Guida (sezione di Torre Annunziata), nona stagione

Nascondersi sarebbe ipocrita.
Lo conobbi oltre un decennio fa: era il mio quarto ufficiale in una partita di Serie B (Salernitana-Rimini) e non avrei scommesso un centesimo nemmeno sul suo approdo in Serie B (allora era un giovane della CAN C). Un pomeriggio nel quale mi fece imbestialire perché, da quarto ufficiale, mi creò un sacco di problemi consentendo alle panchine di comportarsi molto oltre le righe, praticamente osservando quel che accadeva.
Negli anni ha dimostrato che mi sbagliavo completamente.
Non è stato facile emergere: nelle prime stagioni in Serie A (venne promosso dalla CAN B nel 2011, al termine del primo anno a commissioni separate ed assieme a Doveri) non ha mai convinto tanto che Messina e Braschi lo hanno impiegato col contagocce e spesso in partite di marginale interesse mediatico.
L’esplosione tecnica di Guida ha un protagonista ben preciso: Nicola Rizzoli.
Fin dall’inizio ha creduto ciecamente nel campano, lo ha designato con continuità in partite di sempre maggiore importanza ed oggi si trova un arbitro di grande valore e spendibile per qualsiasi partita.
Un paio di infortuni lo hanno parzialmente limitato: peraltro sempre lo stesso polpaccio, quello lesionato dopo Verona-Roma di dicembre. Nulla di grave, per fortuna, ma almeno un paio di mesi sprecati per rientrare in campo nelle migliori condizioni possibili.
Una stagione nel complesso da incorniciare: Juventus-Inter (ultima partita prima del lockdown) è solo uno dei gioielli di questo campionato, nel quale si ricordano le splendide prestazioni in Roma-Juventus di gennaio 2020 e nel derby (per quanto sotto tono) di Genova del 22 luglio scorso.
Una stagione impreziosita anche (se non soprattutto) dall’esordio nella fase a gironi della Champions’ League (Tottenham-Stella Rossa del 22 ottobre 2019), un buon viatico per la prossima stagione, durante la quale dovrà confermarsi per poter ambire a qualcosa in più anche in campo internazionale. A 39 anni compiuti non può più perdere tempo: alla sua stessa età i vari Orsato, Rocchi, Tagliavento e Rizzoli erano già Elite europei, non basta una presenza in Champions per poter pensare di essere tra i top.
Gli obiettivi sono e devono essere altri.
L’anno prossimo sarà tra gli arbitri più importanti per Rizzoli: alcuni dei big match di Rocchi saranno a lui assegnati.
Sperando che risolva definitivamente quei piccoli acciacchi ricorrenti.

Massimiliano Irrati (sezione di Pistoia), settima stagione

Dopo la splendida direzione di Juventus-Inter del dicembre 2018, la carriera di Irrati sembrava destinata a prendere il volo.
Invece quella serata è stata una sorta di eccezione in un percorso certamente di buon livello ma che non è mai stato quello di un vero top nazionale.
Ieri ha chiuso la stagione arbitrando benino un incontro discusso come Genoa-Verona, segnale evidente che Rizzoli conta e parecchio sul toscano.
Nonostante ciò, però, in stagione non ci sono stati big match.
Irrati ha una caratteristica: è dotato di un’intelligenza tattica unica tra i suoi colleghi. Ha tante qualità ma non c’è dubbio che non sia mai stato (e mai sarà) un atleta di primo livello.
L’intelligenza tattica e, naturalmente, l’eccellente conoscenza del gioco gli consentono di ovviare ad un limite oggettivo: ciò che stupisce è la capacità di non essere (quasi) mai lontano dall’azione e di essere sempre a distanza ottimale dall’azione.
Al di là di qualche inciampo (su tutti il surreale rigore concesso al Genoa nella trasferta a Brescia), la stagione è stata più che positiva (e non è certo un caso che sia stato tra gli arbitri più utilizzati nel post lockdown con ben sei presenze).
Non accenno nemmeno alla questione VAR: è certamente uno dei top mondiali ma questo non deve precludergli la possibilità, in questi ultimi anni di attività, di essere ambizioso per poter essere scelto per i big match, come un anno e mezzo fa…

Fine prima parte.

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