Euroleague: nuova formula, vecchie realtà

EuroLeague. E non più Euroleague. Già, perché oltre a cambiare format, la massima competizione europea per club ha anche cambiato nome, volendo valorizzare il termine “League”, quasi come a voler raffigurare un concetto, sui generis, di Superlega ad invito.

16 squadre e tre fasi: Stagione Regolare, formata da 30 match con la formula di andata e ritorno (partite che si disputeranno dal 13 ottobre 2016 al 7 aprile 2017), Playoffs, nei quali le migliori 8 classificate si sfideranno in Serie al meglio delle 5 partite, e Final Four, programmate a Istanbul dal 19 al 21 maggio 2017.

Cambia il format, più spettacolare e provante, ma non cambiano i valori. CSKA, Fenerbahce, e Real Madrid partono con i favori del pronostico, ma dietro si è formato un “gruppone” di squadre ambiziose, dai roster interessanti e dalla tradizione consolidata, le quali possono puntare ad accedere quanto meno ai Playoffs.

Milano – ha le capacità, ma non si applica

Parlando da tifoso, consiglio sempre di prenotare i biglietti del volo per Istanbul, ma la realtà non mi darà ragione. Milano ha messo insieme un roster sublime, per quantità e qualità, ma non ha imparato dalla scorsa stagione: la mancanza di un centro che possa fungere da backup di Raduljica è un neo importante, anche perché il centro serbo non sembra poter giocare più di 25 minuti a match e ha palesato la propensione a commettere troppi falli consecutivi, che lo potrebbero tagliar fuori dal singolo match anticipatamente rispetto al piano partita. Il punto di forza dell’Olimpia, sicuramente, sta negli esterni e nella versatilità di molti giocatori: si pensi a Gentile, che può giostrare da 2 e da 3, a Simon, che all’occorrenza può portare palla e fungere da play aggiunto, a Sanders, che può giocare in 3 ruoli, oppure ancora a Dragic, all-around player per eccellenza.

radulijca gentile

Oltre alla mancanza di un cambio per Raduljica, però, bisogna anche considerare il “fattore-Gentile”. L’ex-capitano, degradato a favore di Cinciarini, sta cercando di ritrovare se stesso, eppure non potrà essere il primo terminale offensivo dei milanesi in campo europeo, o almeno non potrà esserlo come lo era nella scorsa annata (20.0 punti, 3.5 rimbalzi, 4.2 assist di media, nelle 6 partite giocate durante la scorsa Regular Season). Gentile deve semplicemente decidere cosa vuole essere: un corpo estraneo all’interno di un sistema che vuole funzionare alla perfezione, oppure un potenziale rubino in una collana degna delle regine sei-settecentesche. La scelta, però, sta solamente nelle sue mani e nella sua meccanica di tiro.

Madrid – è qui la rivoluzione, nel nome del “doncicismo”

Luka è nato per dominare. Ma non era nato per fare il playmaker. Nelle giovanili dei castigliani faceva l’ala piccola, poi divenne guardia. Il suo talento, però, unito alla presenza di un certo Sergio Llull, ha convinto coach Laso a privarsi di Sergio Rodriguez – finito in NBA ai 76ers – per lanciare definitivamente lo sloveno. Doncic, però, non è l’unico punto di forza dei Blancos. Lo zoccolo duro della squadra è stato mantenuto; gli innesti di Randolph (ex-Kuban), Draper (anche lui ex-Kuban), Hunter (ex-Olympiacos) e Suarez (l’anno scorso in prestito a Bilbao) non fanno altro che aumentare la qualità del roster a disposizione di Laso. Ma, per quanto breve, questa analisi deve affrontare anche altri due aspetti, i quali rispondono ai nomi di Sergio Llull e Dino Radoncic. Il primo è, semplicemente, il giocatore più decisivo in Europa, da due anni a questa parte, e sembra aver iniziato alla grande una stagione in cui Florentino Perez ha deciso di porre sul suo contratto un buyout da 12 milioni onde scoraggiare l’interesse nutrito dagli Houston Rockets verso la combo-guard spagnola. Dino Radoncic, invece, è il giocatore che più mi intriga e spero possa avere a disposizione tanti minuti: classe 1999, è un 2/3 – ma più ala – che ricorda il prototipo dei giocatori capaci di fare tutto, e bene.

dino-radoncic luka-doncic

Istanbul – tra geopolitica e 4 squadre della stessa città

Turkish Airlines. Dogus Group. Turkey. Tadim. Efes Pilsener. Questi sono solamente alcuni tra i marketing partners della competizione, ma qui la peculiarità è rappresentata dal fatto che queste società sono tutte turche o hanno sede in Turchia. In Turchia, peraltro, si svolgerà anche la fase finale dell’edizione 2016/2017, nonché la fase finale dell’Europeo 2017. La geopolitica, a mio modo di vedere, dovrebbe essere tenuta in considerazione, però è chiaro come i legami tra lo stato controllato ora da Erdogan e la Euroleague Basketball siano molto forti.

Istanbul potrà contare su 4 squadre impegnate nella competizione. Il Darussafaka Dogus Istanbul ha affidato le sue chiavi a David Blatt, allenatore considerato da tutti – meno LeBron James – un maestro del ruolo, capace di vincere la competizione tre edizioni fa con il Maccabi Tel Aviv e di approntare schemi difensivi che, ormai, hanno fatto scuola. Squadra giovane, assemblata potendo contare su uno dei maggiori budget d’Europa e sulle indicazioni di un allenatore vincente, il Darussafaka potrebbe così rappresentare la sorpresa della stagione, quell’underdog che non ci si aspetterebbe mai ma che, invece, potrebbe arrivare fino in fondo.

david-blatt david-blatt-2

L’Efes, invece, si affida alla guida tecnica di quello che, secondo la mia personalissima e contestabile opinione, è oggi il miglior coach in circolazione nel Vecchio Continente, quel Velimir Perasovic capace di far rinascere Bourousis e di portare il Baskonia nuovamente ad alti livelli. Occhio, perché agli “ordini” del coach croato ci sarà un certo Alen Omic, centro in cerca di consacrazione definitiva e dalle caratteristiche simili a quelle del centro greco poco sopra ricordato (sebbene Omic sia meno perimetrale). La presenza di Bryce Cotton, sommata alla conferma di Heurtel in cabina di regia e quelle di Dunston e Brown tra gli interni, rendono l’Efes una squadra interessantissima. L’ex-Providence, inoltre, potrebbe essere una piacevole sorpresa a livello statistico, ma non debbono passare inosservate nemmeno le presenze di Osman e Korkmaz, giovanissimi turchi – classe 1995 il primo, 1997 il secondo – che scalpitano per avere molti minuti nelle rotazioni.

alen-omic perasovic

Il Fenerbahce di coach Obradovic punta necessariamente a migliorare il 2° posto finale dello scorso anno (sconfitta in Finale contro il CSKA, con il punteggio di 101-96) e per farlo si affida ancora al talento di Datome e alla verticalità di Vesely. A un gruppo già rodato, i turchi hanno aggiunto James Nunnally (MVP della scorsa Serie A, quando giocava ad Avellino) e puntano inevitabilmente a vincere l’EuroLeague. La stagione è cominciata nel migliore dei modi grazie alla vittoria nella President’s Cup – equivalente di una Supercoppa di Turchia, nella quale si affrontano la vincente del Campionato e la vincente della Coppa nazionale – contro l’Efes. Eppure, Obradovic e giocatori sanno benissimo che è ora di diventare la prima squadra turca in grado di conquistare il più ambito trofeo europeo per club.

datome nunnally

Delle quattro squadre di Istanbul, il Galatasaray di coach Ataman sembra quella meno accreditata a una stagione da protagonista, eppure il talento nel roster dei giallorossi non manca proprio. Tibor Pleiss vuole rilanciare la propria carriera e dimostrare di essere uno dei migliori lunghi d’Europa, ma dovrà lavorare molto, mentre Austin Daye – visto a Pesaro lo scorso anno – dovrà imparare a gestire meglio il possesso e a non catalizzare ogni azione, evitando così di “sparacchiare” troppo. La firma di uno dei migliori tiratori da tre punti in circolazione in Europa – tale Jon Diebler – e la presenza in squadra di Micov (ex-Cantù) rende il Galatasaray una squadra da seguire con attenzione, anche se Ataman avrà molto su cui lavorare per evitare di replicare la scorsa stagione (e qui, si inserisce anche un discorso sulla dirigenza, che potremmo magari trattare in separata sede).

ataman tibor-pleiss

Mosca – la solita, instancabile “Armata Rossa”

Per nomi, per profondità e qualità del roster, per giocatori dotati del killer-instinct tanto caro a molti addetti ai lavori, il CSKA è ancora la squadra da battere. La coppia Teodosic-De Colo ha dimostrato di potersi completare alla perfezione e di funzionare alla grande (entrambi in Top5 per valutazione complessiva, la scorsa stagione), tanto da permettere ai moscoviti di fare innesti mirati in altri ruoli.

Le firme di James Augustine (ex-Khimki) e Jeff Ayres (ex-Spurs) vanno proprio nella direzione di rafforzare il resto dei reparti, ma coach Itoudis sapeva di poter contare comunque su una squadra profonda e completa. Come batterli? Sperando nella classica giornata “no” di Teodosic, anche se il playmaker serbo è migliorato tantissimo nella tenuta mentale e nella capacità di non entrare in una spirale negativa che ne potesse pregiudicare l’intera partita non appena avesse commesso due o tre errori consecutivi.

teodosic de-colo

Atene – le “eterne nemiche” in fase di transizione

Panathinaikos ed Olympiacos stanno attraversando la classica fase della ricostruzione post-addii (specialmente il PAO) e della transizione.

I Greens, dopo il ritiro di Diamantidis, avevano puntato forte su Mike James (ex-Vitoria) in cabina di regia, ma il giocatore visto anche ad Omegna si è infortunato a una mano e sarà costretto a stare fuori almeno 2 mesi, secondo i primi report medici. Salta così il progetto di “diventare squadra” in poco tempo, anche perché Bourousis, nuovo centro del Panathinaikos (dopo aver speso molti anni di carriera all’Olympiacos), ha molto bisogno di affinare la propria intesa con il playmaker, anche se è pur vero che in squadra c’è ancora un certo Nick Calathes pronto a dimostrare di essere uno dei migliori play d’Europa. Gli innesti di Singleton (ex-Kuban), Rivers (ex-Real) e Nichols (ex-CSKA) rendono molto temibile e completa la squadra greca, anche se la stagione passerà inevitabilmente dal raggiungimento di una chimica di squadra. Se Bourousis dovesse rivelarsi corpo estraneo alla creatura cestistica di coach Pedoulakis, allora il Panathinaikos potrebbe soffrire molto; in caso contrario, questa squadra è forte candidata a giocarsi un posto nelle Final Four come potenziale “quarto” incomodo.

bourousis mike-james

Quelli del “Pireo”, invece, sono alle prese con una fase di transizione dopo le due affermazioni continentali consecutive (2012 e 2013). Tra certezze e scommesse, l’Olympiacos ha quello che potrebbe essere un fattore importante dal quale potrebbero passare i sogni di gloria dei greci, ovverosia quel Patrick Young fermato la scorsa stagione da un infortunio importante (solo 5 le partite giocate dal centro statunitense nella scorsa Regular Season). Tra le possibili sorprese della competizione, invece, vanno segnalati il centro Milutinov, chiamato alla definitiva consacrazione, e l’ala Agravanis (22 anni ancora da compiere). Il blocco greco e la presenza di Spanoulis rendono l’Olympiacos una squadra comunque molto temibile, ma ai nastri di partenza i Reds di Atene non sembrano poter lottare per la vittoria finale e, nemmeno, per un posto nelle Final Four. Tuttavia, quando si parla di Kill-Bill (soprannome di Spanoulis), tutto è possibile: da underdog della competizione, l’Olympiacos ha già dimostrato di potersi consacrare come la miglior squadra di club presente in Europa.

spanoulis patrick-young

Barcellona – Navarro sì, Navarro no: la terra dei lunghi

I catalani hanno rivoluzionato il roster, cambiando anche il coach: fuori Pascual, più volte imputato principale dei fallimenti blaugrana nelle ultime campagne europee, dentro Bartzokas, che l’EuroLeague la vinse nel 2013 con l’Olympiacos. Il nuovo coach, però, deve avere il coraggio di panchinare Navarro quando la partita è sul punto-a-punto, poiché l’apporto dello storico capitano è sicuramente inferiore alle sue, ormai evidenti, difficoltà difensive; le 36 primavere sulle spalle si fanno sentire, tanto che lo stesso giocatore si sta re-interpretando come playmaker aggiunto. Il reparto chiave, però, rimane quello dei lunghi, sebbene tra gli esterni il Barça ha cambiato molto con gli arrivi di Rice e Koponen (entrambi ex-Khimki Mosca). Tomic deve dimostrare di essere un giocatore “duro mentalmente” e capace di caricarsi sulle spalle anche le sorti dei compagni, mentre Dorsey deve sostituire al meglio l’infortunato Lawal, non facendone rimpiangere l’atletismo e la verticalità. Le prime uscite stagionali – il Barça ha perso la Supercoppa spagnola contro Gran Canaria, ma è 2-0 in Liga – hanno comunque confermato che, per ora, il go-to-guy dei catalani è Justin Doellman, ala statunitense che su un parquet sa fare praticamente sempre la scelta giusta al momento più giusto.

bartzokas navarro

Bamberga – esiste un “sistema Trinchieri”?

No, non esiste un sistema-Trinchieri. Il coach italiano è semplicemente un maestro nel selezionare giocatori che amano passarsi la palla e che riescono a giocare coralmente, prima che per la gloria e il tabellino personali. Melli è chiamato a ripetere la scorsa stagione, nella quale fu uno dei migliori giocatori della competizione per statistiche e rendimento, ma la separazione dei tedeschi da Wanamaker potrebbe far soffrire il Bamberg, nonostante l’arrivo di Causeur (ex-Vitoria). La coralità, il gioco di squadra, ma anche le buone individualità e la presenza di alcuni rookie interessanti, rendono la squadra di Bamberga una squadra interessante, ma non la pronosticherei nel lotto di quei team in grado di conquistare un posto nella seconda fase della competizione. Sicuramente, però, saranno da seguire le prestazioni di Maodo Lo, point guard prodotto di Columbia University, e di Darius Miller, al secondo anno personale in EuroLeague e chiamato a migliorarsi dopo una prima stagione molto positiva.

trinchieri melli

Tel Aviv – il top scorer e molto talento a livello individuale

Andrew Goudelock lotterà fino alla fine per il titolo di miglior marcatore della competizione (in EuroLeague si chiama “Alphonso Ford Trophy, in omaggio al compianto giocatore di Pesaro). Maik Zirbes e Colton Iverson costituiranno una delle migliori coppie di centri dell’intera manifestazione europea. Sonny Weems, potenzialmente, potrà giocarsela per il titolo di MVP. Da queste prime, brevi e basilari indicazioni, è chiaro come il Maccabi risulti essere una squadra costruita per riscattare la scorsa stagione e ripetere il miracolo sportivo del 2014 (alle Final Four di Milano, la squadra israeliana trionfò insieme a David Blatt, allora head coach del Maccabi). Un giocatore da seguire con attenzione, oltre ai già citati, potrebbe essere Victor Rudd (l’anno scorso in forza al Nizhny Novgorod): ala dinamica, dal buon tiro e difensivamente solida, Rudd è un rookie (ossia un giocatore alla prima stagione nella competizione) ma è già pronto a stupire tutti, per intensità atletica e statistiche accumulate.

andrew-goudelock victor-rudd

Questo Maccabi è, per me, un rebus. Ad oggi, anche a causa di assenze importanti (Weems ha un problema al polpaccio e starà fuori fino a novembre, Segev rientrerà solamente nel 2017, Miller non è nemmeno nella lista a causa dell’infortunio al ginocchio che potrebbe fargli saltare tutta la stagione) non pronosticherei una qualificazione ai Playoffs, eppure il talento abbonda perciò si tratta di una situazione difficilmente pronosticabile.

Vitoria-Gasteiz – il Mago non è ancora tornato

Bastano 20 punti con 19 tiri, in un match di Liga, per far gridare al “ritorno” di Bargnani. Che poi, Bargnani era scomparso? Non credo. Semplicemente l’età avanza per tutti e gli infortuni dei quali fu vittima il centro italiano ne hanno pregiudicato gli ultimi anni di carriera. A Vitoria potrebbe aver trovato l’ambiente giusto per tornare a dominare, quanto meno nel Vecchio Continente. A coadiuvarlo, nomi di tutto rispetto: Shane Larkin, playmaker ex-NBA, Adam Hanga, all-around player come se ne vedono pochi in Europa (in Italia giocò ad Avellino), Tornike Shengelia, ala dalle ottime doti tecniche. I baschi non sembrano poter ripetere l’expoit della scorsa stagione, quando arrivarono alla fase finale della competizione sotto la guida tecnica di Perasovic, ma sono comunque una squadra molto temibile, soprattutto offensivamente. Coach Sito Alonso, finalmente, ha la possibilità di dimostrare tutto il suo valore anche al di fuori della Penisola Iberica, dopo l’ultima esperienza in EuroCup alla guida di Bilbao.

bargnani shane-larkin

Non tratto, volutamente, di Zalgiris Kaunas, Unics Kazan e Stella Rossa. Non si tratta di mancanza di rispetto o di incapacità, quanto piuttosto di onestà intellettuale. Conosco i giocatori, ma quelli potreste conoscerli anche voi semplicemente andando sulla homepage di ogni squadra sul sito dell’EuroLeague. Eppure, non ho avuto modo di vedere nemmeno un match delle tre squadre che non andrò ad analizzare (per quanto di breve analisi, si tratti): per parlare, anche male, di pallacanestro, serve vedere qualche partita, analizzare qualche meccanismo e riflettere sulle potenzialità, individuali e di squadra, che ogni collettivo presenta o potrebbe far ammirare. Pertanto, eviterò di scrivere più banalità di quante non ne abbia già scritte, con la speranza che il lettore capirà una cosa fondamentale: parlare di sport non è un dovere, e per quanto l’opinione sia sempre sacrosanta, nel sport bisogna supportare la stessa seguendo direttamente partite, allenamenti, esibizioni. Altrimenti, è pura ricerca di stilnovismo sportivo.

L’autore

Al secolo Marco Arcari che si descrive così:
“”Un maestro diceva che la pallacanestro è uno sport complesso e non è da tutti capirlo. Figurarsi, perciò, se può capirlo uno che si è laureato in Scienze Politiche con una tesi sul Corinthians di Socrates nel Brasile della dittatura militare. Eppure, da qualche anno provo a parlare di basket, mettendo sempre un qualcosa di personale al centro dei miei ragionamenti. Proprio tramite una visione personale della pallacanestro, ne parlo su MY-Basket.it e sul mio blog personale “L’Arte del Floater”. Nel solco di questa personale tradizione, cerco qui di offrire una visione personale di quella che sarà la prossima EuroLeague, tra doncicismo e catalanidad. Tra un cuore che batte per l’Olimpia Milano e una mente che ama il basket del CSKA Mosca”