Il ritardo nella segnalazione del fuorigioco e quei cartellini che nemmeno i VAR possono far revocare. Di Massimo Max Dotto

I temi affrontati non sono conosciuti fin nei particolari sebbene siamo ormai abituati ad osservare segnalazioni in ritardo di possibili fuorigioco e cartellini non revocati nonostante l’azione dei VAR. Scopriamo perché.

Quindicesima giornata di serie A. Torino Atalanta, 47esimo del secondo tempo.

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Lancio in profondità per l’attaccante dell’Atalanta Gomez che scatta al limite del fuorigioco, l’Assistente non segnala, il calciatore controlla il pallone e si trova di fronte a Sirigu, portiere del Torino, il quale, ancora all’interno dell’area di rigore, interviene con quello che, in termini arbitrali, si definisce tackle effettuato con vigoria sproporzionata. L’arbitro non interrompe il gioco ed i difensori, impadronitisi del pallone, lo calciano fuori per far soccorrere l’attaccante:

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A questo punto, trattandosi di una delle “match changing situation” in cui è richiesto il controllo del VAR, ovvero una situazione che, letteralmente, può far cambiare la gara (reti, episodi da rigore, espulsioni dirette, scambi di identità), inizia il VAR review, ovvero il controllo dell’azione da parte del VAR.

Dopo una breve consultazione con l’arbitro centrale, si riprende il gioco con un calcio di punizione indiretto per il Torino per fuorigioco di Gomez.

Che cosa è successo, cosa avrebbe potuto/dovuto succedere e, soprattutto, perché? Ma, soprattutto, in caso di intervento disciplinare la review del VAR avrebbe potuto revocare la decisione dell’Arbitro?

Andiamo con ordine.

Con l’avvento del VAR gli assistenti hanno, a conti fatti, una possibilità in più: non alzare subito la bandierina per una posizione di fuorigioco ed attendere lo sviluppo dell’azione in modo che sia chiaro il loro dubbio sulla posizione di fuorigioco ma, allo stesso tempo, per fare in modo che l’eventuale segnalazione, magari non corretta, non induca l’arbitro a fermare un’azione regolare.

L’assistente, in questo caso non perfettamente allineato, ha avuto un dubbio e ha lasciato correre. Altro dubbio lo ha avuto l’arbitro che non ha fischiato al momento del contatto attaccante/portiere. Ma il contatto in area è un possibile evento “match changing” poiché può portare ad un calcio di rigore e quindi interviene il VAR (che controlla tutte le situazioni analoghe), considerandolo un chiaro errore dell’Arbitro.

Ma allora perché non è stato decretato il calcio di rigore e comminata l’espulsione?

Per due motivi:

Il primo motivo è che l’intervento del portiere non è stato considerato né imprudente (leggasi ammonizione) né effettuato con vigoria sproporzionata (leggasi espulsione), ma sicuramente è stato considerato almeno “da giallo” per DOGSO (Denying an Obvious Goal Scoring Opportunity, ovvero impedire un’evidente opportunità di segnare una rete, qui l’approfondimento), poiché vi è l’intento di giocare il pallone, ma viene comunque commesso un fallo.

Il secondo motivo è un pochino più “complicato”: come da protocollo VAR, in caso di rigori o reti, il VAR rivede l’intera fase d’attacco (A.A.P. – Attacking Possession Phase) e, nel nostro caso, ritorna al già citato lancio in profondità, ovvero il momento in cui la fase di attacco comincia. Il VAR quindi si accorge del chiaro errore dell’assistente poiché decreta chiaramente il fuorigioco e considera l’azione terminata nell’istante in cui la posizione di fuorigioco di Gomez diventa punibile (ovvero quando tocca il pallone). Da quel momento in poi l’azione è come se non fosse mai esistita, almeno, come vedremo, dal punto di vista tecnico.

Il secondo motivo succitato, contemporaneamente, decreta la decisione di riprendere con un calcio di punizione indiretto per la difesa a causa del fuorigioco; inoltre, di fatto, cancella la possibilità di assegnare rigore e, di conseguenza, l’espulsione per DOGSO DI Sirigu.

Ma perché un fallo che porta addirittura all’espulsione può non essere sanzionato per l’intervento del VAR?

La risposta è contenuta tra le 67 pagine del protocollo VAR, in particolare alle pagine 34 e 35, capitoli 8.3 e 8.4, che ho tradotto per voi, visto che non esiste in lingua italiana.

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“8.3 Azione disciplinare – revoca dei provvedimenti disciplinari
Se, come risultato di una revisione, una sequenza di gioco è “annullata”, l’azione disciplinare in relazione a quella sequenza di gioco viene annullata? Per esempio: successivamente ad un calcio di rigore “non concesso”, esso viene assegnato, ma prima che il gioco si fermi, si verifica un DOGSO nella metà opposta del terreno di gioco.
In linea di principio, qualsiasi azione disciplinare presa, rimane in vigore, poiché i calciatori dovrebbero sempre agire all’interno delle Regole del Gioco, quindi se un calciatore si è reso colpevole di una infrazione come un grave fallo di gioco, una contesa imprudente, una protesta, ha usato un linguaggio offensivo, ha adottato un comportamento antisportivo ecc., la sanzione disciplinare rimarrà.
Tuttavia, in caso di DOGSO oppure di interruzione di una promettente azione d’attacco, se la fase di gioco viene “annullata”, nessun attacco promettente o opportunità di segnare una rete è effettivamente esistita, quindi qualsiasi azione disciplinare intrapresa a causa di DOGSO o SPA deve essere annullate.
Se l’Arbitro cambia o revoca / annulla una qualsiasi azione disciplinare è molto importante che la decisione sia molto chiara per tutti (altri ufficiali di gara, calciatori, allenatori, spettatori eccetera.). Ciò è particolarmente importante quando un calciatore ha una ammonizione revocata / annullata e poi riceve un’altra ammonizione più avanti durante la gara, ma non viene espulso, perché ciò potrebbe causare confusione, critiche e polemiche.

8.4 Azione disciplinare – cartellini gialli
Se durante una revisione viene identificato un fallo punibile con il cartellino giallo, il calciatore può essere ammonito?
Se durante una revisione per un goal / calcio di rigore / cartellino rosso viene individuata chiaramente una infrazione da cartellino giallo o da cartellino rosso, l’arbitro deve comminare l’azione disciplinare corretta. Per esempio:
– una revisione per l’assegnazione di un calcio di rigore dimostra chiaramente che l’attaccante era colpevole di simulazione
– una revisione per una rete mostra chiaramente che un attaccante ha deliberatamente segnato con un fallo di mano
– una revisione di un potenziale cartellino rosso per un grave fallo di gioco, mostra chiaramente che l’intervento era imprudente e non portato con vigoria sproporzionata
– una revisione di un potenziale cartellino rosso durante una mass confrontation (ovvero un momento in cui alcuni calciatori affrontano altri calciatori dell’altra squadra) mostra chiaramente dei calciatori che adottano un atteggiamento violento nei confronti di un avversario
– una revisione per un DOGSO dimostra chiaramente che siamo in presenza solamente di una interruzione di una importante azione d’attacco

L’Arbitro non può avviare una revisione per una ammonizione.”

Una attenta lettura del testo farà capire facilmente che, “non esistendo” più l’azione dal momento dell’infrazione precedente in poi (nel nostro caso il fuorigioco), non esiste nemmeno una evidente opportunità di segnare una rete ed un fallo che la fermasse non sarebbe, di conseguenza, punibile per DOGSO.

Per questo Sirigu non è stato sanzionato disciplinarmente.

Ma, prima di affrontare cosa probabilmente sarebbe dovuto succedere nell’episodio Gomez/Sirigu, analizziamo il cambiamento nella “strategia” delle segnalazioni da parte degli Assistenti ora che c’è il VAR: la direttiva è chiara, ovvero in caso di azione che porta nei pressi dell’area, con la concreta possibilità di segnare una rete in un breve lasso di tempo, il fuorigioco, a meno che non sia decisamente evidente, va segnalato dopo il termine dell’azione, ovvero la bandierina va alzata volontariamente “in ritardo”. Quindi dopo la rete, dopo che il pallone sia uscito dalle linee perimetrali o comunque dopo che l’azione abbia prodotto il proprio effetto d’attacco.

Per inciso, tale situazione non è assimilabile al “wait and see“, ovvero la tecnica utilizzata dagli Assistenti al fine di consentire che il gioco prosegua senza interromperlo anzitempo, danneggiando la squadra in attacco. In altre parole: tale tecnica permette all’assistente di attendere per vedere se veramente si concretizza la punibilità del calciatore in posizione di fuorigioco perché, per esempio, potrebbe intervenire nell’azione un calciatore partito in posizione regolare e l’alzata potrebbe interrompere una azione regolare. Il “wait and see”, con l’avvento del VAR non è cambiato, viene utilizzato e verrà utilizzato sempre allo stesso modo.

Il ritardo nella segnalazione della posizione di fuorigioco permette di non commettere l’errore di fermare una azione regolare e trova la sua concretizzazione al momento del controllo da parte del VAR, che ha molto più tempo e molti più punti di vista dell’Assistente per poter prendere una decisione migliore.

A questo punto però, visto che ora conosciamo il protocollo VAR e conosciamo la possibilità di alzare la bandierina in ritardo, possiamo ipotizzare cosa sarebbe dovuto accadere nel caso Gomez/Sirigu.

Il fuorigioco di Gomez è evidente, troppo evidente per non alzare la bandierina e dover ricorrere all’alzata ritardata, ma l’assistente ha comunque un dubbio e, come sempre si è fatto nel dubbio, lascia correre. A quel punto l’arbitro sul contatto Gomez Sirigu avrebbe dovuto fischiare e comminare un cartellino rosso per grave fallo di gioco (e non per DOGSO), decretando il calcio di rigore

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Il VAR, a questo punto, avrebbe dovuto avallare il grave fallo di gioco ma verificare l’esistenza del fuorigioco precedente, e il gioco avrebbe dovuto riprendere, come è ripreso, col calcio di punizione indiretto per fuorigioco.

Cosa sarebbe quindi cambiato con questa diversa valutazione?

Ormai abbiamo tutti gli elementi per poterlo capire: l’espulsione sarebbe dovuta rimanere perché un grave fallo di gioco, come una condotta violenta, restano tali anche a gioco non in svolgimento, ovvero restano tali se commessi in quella parte di azione che non avrebbe dovuto esistere se il fuorigioco fosse stato immediatamente sanzionato

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Quindi, ogni volta che vedremo un cartellino rosso o giallo durante un episodio match changing, che non derivi da DOGSO o dall’interruzione di una importante azione d’attacco (abbreviata in SPA, ovvero Stop Promising Attack), sapremo che, anche in caso di rivisitazione del VAR, non potranno essere annullati ed, anzi, aggiungo un altro particolare: in caso di cartellino giallo, potremmo assistere ad un inasprimento a rosso qualora, ad esempio, un fallo imprudente fosse valutato in seguito a review come grave fallo di gioco o condotta violenta.

Oppure, come avvenuto nel caso di Immobile/Burdisso in Lazio – Torino del 11/12/2017 (circostanza in cui il VAR è intervenuto per verificare la punibilità del contatto), trattandosi di una possibile Condotta Violenta (come poi giudicata dall’arbitro), qualora l’arbitro avesse giudicato provocatorio l’atteggiamento di Burdisso, avrebbe potuto procedere con l’ammonizione in seguito alla VAR review

Provocazione Burdisso Immobile Provocazione Burdisso Immobile 2

Con questo contributo spero di aver aiutato a comprendere, oltre che la terminologia specifica del mondo arbitrale, anche l’efficacia e la logica che guida l’intervento e le scelte VAR, il quale si è dimostrato un validissimo strumento per poter ristabilire, in caso di chiaro errore, la verità del campo.

Massimo Max Dotto

co-admin del gruppo Facebook su Regolamento del Gioco del Calcio e Casistica