Violenza tra maleducazione e, silenzio istituzionale!

Altro week end di follie in varie parti d’Italia, tra risse in campo a fine gara, arbitri colpiti, gare sospese per invasione del campo.

Siamo, ormai, talmente abituati a leggere notizie del genere da non rimanere sorpresi di fronte a questi atti di vigliaccheria, a volte pare quasi che questi eventi siano registrati alla voce “curiosità” piuttosto che nel contesto delle problematiche da risolvere.

Non sarò e non voglio essere “leggero” in questa breve riflessione.
Contestare è facile, proporre molto più complesso. Criticare è difficile, soprattutto se ci si trova all’interno di un’Associazione dal deferimento facile, un’associazione che afferma di ascoltare tutti ma che, nella realtà, vuole essere circondata solo da chi appoggia incondizionatamente ogni azione od omissione dei vertici.

Partiamo da un presupposto: chi è uscito dall’Associazione non è migliore di chi ci rimane. Chi esce dall’Associazione e se ne strafotte dei problemi del calcio inteso come aggregazione, Sport, divertimento è colpevole quanto chi mantiene la tessera ma evita di esprimere la propria opinione per la paura di subire vessazioni disciplinari, gran parte delle quali basate sull’anacronistico e generalissimo art. 40 del Regolamento che, se interpretato con ampiezza, riduce gli associati a dei semplici osservatori con il divieto assoluto di utilizzare il cervello. Si potrebbe sintetizzare con questa frase: chi si allinea è il benvenuto, chi vuole criticare dall’interno può accomodarsi alla porta (semicit.).

La violenza nei campi è generata da una serie di fattori che cercherò di evidenziare nel modo più sintetico possibile.
In primo luogo, però, desidero sgomberare il campo da ogni piccolo dubbio: troppo facile catalogare il problema nel capitolo “cultura sportiva”. Questa limitazione non è una spiegazione, è una SCIOCCA qualificazione utile per chi non ha idee, voglia o coraggio per affrontare di petto il problema.
Per quanto riguarda lo scrivente, la “cultura sportiva” è una stupidata buona per tutte le stagioni, al pari di altre scemenze come “sudditanza psicologica”, “poteri forti”, “destino”.

Chiamiamo queste categorie con la loro reale definizione: ALIBI. Sono alibi generici per chi non ha la minima idea di quale possa essere la strada corretta per affrontare un problema, per chi trova più comodo trovare una colpa in qualcosa o qualcun altro.

E’ vero, sulle tribune capita di tutto e ce ne accorgiamo in particolar modo nei campionati giovanili. Ciò che dovrebbe essere un momento di ritrovo e di crescita per i nostri giovani diventano spesso teatro di allucinanti risse tra genitori, insulti da parte di queste persone al giovane arbitro che, spesso, ha la medesima età dei loro figli impegnati in campo.
Anche in questo caso, però, è meglio cominciare ad utilizzare il termine giusto: questi non sono genitori, quelli che utilizzano la partita, il campo di gioco, le tribune per insultare, cercare la rissa od altro sono semplicemente dei deficienti, dei poveracci che non hanno la minima idea di cosa stiano insegnando ai propri figli ma che trovano solo il modo di sfogare le proprie ire represse, il proprio non contare nulla nella vita di ogni giorno. Sfogarsi è facile tanto le conseguenze sono nulle…
Perciò diventa quasi “facile”, per chi si trova in tribuna, siano essi genitori od esponenti della comune cretineria, partecipare attivamente ad una rissa in campo, lanciando un oggetto per colpire qualcuno:

Non credo che questo tizio volesse incitare la propria squadra, soprattutto nel contesto dei saluti di fine gara…

Vi assicuro che non si tratta di scene tratte da un film ma di una gara finita in questo modo domenica, categoria ALLIEVI,  Albalonga – Pro Calcio Tor Sapienza (il video completo lo trovate qui:https://www.youtube.com/watch?v=PIme2Wz5V1Q)

Eh già, tanto le conseguenze sono nulle.
Sono nulle perché qualcuno ha mai sentito di genitori violenti condannati per fatti di cronaca accaduti in un campo o vicino ad un campo di calcio? Da parte mia, francamente, non ne ricordo nemmeno uno.

Così come diviene accettabile prendere qualche anno di squalifica pur di prendersi la soddisfazione di menare un arbitro:

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Anche in questo caso non si tratta di immagini di repertorio, dobbiamo tornare indietro solo di 24 ore e non chiudere gli occhi davanti ad un episodio avvenuto a Busalla, Liguria, Italia, Europa, Pianeta Terra, Sistema Solare, in occasione della gara Isolese – Sciarborasca, seconda categoria, campionato provinciale.

I due lord (il portiere ed il figuro con la barba) che hanno colpito il giovane arbitro, “se la caveranno” con un lunga squalifica e null’altro. A fine gara, nonostante l’aggressione, sono tornati a casa loro senza nemmeno una denuncia per aggressione (il video integrale dell’episodio e che consente di vedere bene in faccia questi due distinti “signori” lo trovate qui:https://www.youtube.com/watch?v=SzKQZ_MqpvA). Ciò nonostante l’evidenza che sia il tizio in divisa da portiere che quello con la barba si siano resi colpevoli perlomeno del reato di percosse (a norma dell’art. 581 codice penale). E quante volte avete visto violenze del genere commesse sotto gli occhi di pubblici ufficiali? Avete mai visto un arresto in flagranza di reato ai danni di persone del genere?

Aggiornamento.
Mi segnalano un altro grave episodio avvenuto ieri in Molise (ringrazio per la collaborazione la persona che mi ha informato). La gara è Gambatesa – Campobasso 1919, Eccellenza molisana.
Al 35esimo del secondo tempo l’arbitro De Lucia di Isernia viene colpito con un pugno al volto dal giocatore ospite numero 9, “signor” Barisciani. Lascio a Voi ogni commento, credo sia inutile aggiungere altro…

Oltre a quello che vediamo in campo bisogna poi registrare quanto accade negli uffici del giudice sportivo.
Vi ricordate quanto accaduto ad Arezzo circa un mese e mezzo fa?

Il giocatore espulso pensa bene di “ringraziare” il direttore di gara con una pedata VIGLIACCA da tergo che non provoca danni gravissimi solo per capacità reattiva del ragazzo e grazie ad una buona dose di fortuna.

Risultato: 3 anni e mezzo di squalifica.
Domanda: stiamo scherzando? STIAMO SCHERZANDO? Per essere estromessi definitivamente dal mondo dello sport o, perlomeno, per vedere applicata la sanzione temporale più lunga prevista (5 anni), che cosa dovremmo vedere? Sangue? Fratture? Danni permanenti? Omicidio?

Ecco dunque il terzo colpevole dopo violenti in tribuna e violenti in campo:la federazione. Inutile che ci giriamo attorno: ogni anno sentiamo proclami, slogan, intenti contro la violenza.
Ogni anno ci si ritrova, ad un certo punto, a chiedersi: abbiamo fatto passi in avanti? La risposta è sempre la stessa, da decenni: NO, nessun passo in avanti anzi la sensazione è che il problema si stia aggravando. Da una parte, dunque, giudici sportivi che (a volte) stupiscono con sentenze fin troppo morbide, dall’altra una federazione che, sostanzialmente, non mette in atto alcuna forma sanzionatoria efficace.
E’ vero, recentemente è stato modificato il “tariffario” delle sanzioni ma, in concreto, non è cambiato assolutamente nulla. Ogni santa settimana dobbiamo assistere a violenze indicibili, gare sospese, giovani ragazzi picchiati da delinquenti travestiti da giocatori di calcio o da dirigenti. Eppure non se ne parla MAI, tutto passa sotto silenzio come se fosse un prezzo da pagare al divertimento settimanale di chi trova sfogo sul campo al (loro) deprimente quotidiano.

E come spiegare (a titolo esemplificativo) la decisione del Giudice Sportivo di Padova che ordina la ripetizione della gara perché non ritiene sufficiente per la sospensione definitiva il fatto che l’arbitro sia stato spintonato con forza da un calciatore appena espulso?

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La sensazione diffusa è che ogni Giudice Sportivo decida in base a proprie convinzioni, senza direttive comuni e con una magnanimità che, in sintesi, tende a concedere seconde possibilità a persone che, con lo sport, non dovrebbero avere nulla a che fare.
E quali sono le forme di reazione per combattere la violenza? Ritardare l’inizio delle gare in Toscana di cinque minuti… Praticamente la protesta si è concretizzata consentendo agli spettatori ritardatari di non perdere l’inizio della partita. Tutto ciò con infinita gioia (sic…) dell’AIA che, sul proprio sito ufficiale, in data 16 marzo 2016 (link qui: http://www.aia-figc.it/dettaglio.asp?ID=11997), ha pensato bene di esprimere “compiacimento e gratitudine al Presidente Bresci per questo segnale forte che arriva proprio dal mondo del calcio dilettantistico“. Queste sono le misure che dovrebbero arginare la violenza?

Poi ci sono le iniziative lodevoli, come la sospensione del campionato di terza categoria di Pavia a seguito di un’aggressione, decisione presa dal responsabile Roberto Del Bo ed avallata dal Giudice Sportivo che, nel comunicato successivo, sanzionò la società responsabile con l’esclusione immediata dal campionato. Spazio sul sito dell’AIA per questa iniziativa?
Nessuno!
Il motivo? Non lo so, chiedetelo a Roma. Spero che il motivo non sia dovuto al fatto che la decisione di sospendere sia stata presa da Roberto Del Bo, candidato in passato al Comitato nazionale contro il presidente attuale dell’AIA. Spero o credo? Decida il lettore…

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Ed eccoci, infine, al quarto colpevole: l’AIA.

Rimanere in silenzio, continuare a rimanere in silenzio davanti all’inesistente azione dell’Associazione significa od essere complici oppure non avere la dignità di volersi far sentire da chi dovrebbe proteggere i propri arbitri.

In questi anni abbiamo ascoltato decine di volte (DECINE!) i soliti proclami: “non manderemo più arbitri sul campo delle società responsabili di violenze” “pronti a sospendere i campionati” (poi, quando vengono sospesi da qualcun altro, silenzio…) “violenza inaccettabile” ecc. ecc. ecc.

Eccetera. Eccetera…

Insomma, le solite banalità seguite dal nulla.
Nell’ultima tornata elettorale (2012) rimase impressa nella mente di molti (tranne di coloro con la memoria selettiva…) la dichiarazione del presidente Nicchi il quale affermò che “gli episodi di violenza, la scorsa stagione, sono stati meno di 100“. Ancora, chiamiamo questa affermazione con il suo nome: una colossale balla!
Non a caso, a fine stagione 2012/2013, un tweet dell’AIA ci informò che, in realtà, i numeri erano ben più drammatici, dato che le violenze ai danni degli arbitri furono quasi 700, non certo meno di cento.
Casualmente, nell’estate del 2012, non furono pubblicati i dati sulla violenza, che erano stati pubblicati l’anno prima e che vennero pubblicati l’anno dopo. Casualità? Decidete voi, io non ho mai creduto alle casualità…

In concreto l’AIA non ha compiuto nessun passo in avanti. E’ vero, ogni tanto viene autorizzata il ricorso alla giustizia ordinaria (ogni tanto, non sempre come qualche venditore di fumo afferma!) con l’assistenza dei legali presenti nell’associazione ma, nella sostanza, ogni mese siamo costretti a registrare decine di episodi violenti che, per puro miracolo, non si sono mai trasformati in tragedie irreparabili.

Ancora oggi aspettiamo il primo, vero, reale segnale dell’AIA centrale, ancora aspettiamo la sospensione dei campionati promessa ormai 4 anni fa e mai realizzata nonostante ogni stagione si registrino 500/600 casi di aggressioni fisiche (quelle verbali non sono conteggiabili).
Il motivo? Non ne ho idea, non credo che il presidente dell’AIA possa temere il commissariamento per un’iniziativa che verrebbe sostenuta da tutti i 34000 associati ed anche da noi, dalle persone come me che hanno lasciato la tessera ma continuano ad amare l’AIA.

E la amano fors’anche più di chi la amministra…