VAR, ipotesi challenge: pro e contro, con uno sguardo alla storia della NFL

Che si parli con insistenza dell’eventualità di introdurre i challenge nel calcio, sul modello della NFL, non significa che tale innovazione vedrà la luce a breve. Altrettanto chiaro che, come spesso capita, se se ne parla ciò significa che si tratta di un’ipotesi di lavoro che viene tenuta in considerazione.

Al di là delle opinioni personali, è pertanto corretto affrontare i pro ed i contro di una tale eventualità.
Ragioniamoci bene perché esistono elementi positivi ma altrettanto (e forse più numerosi) le criticità.

La NFL

Un veloce sguardo alla National Football League ci permette di comprendere come, anche oltre oceano, l’instant replay non sia stato sempre accolto con assoluto entusiasmo dalle varie componenti.

L’idea iniziale dell’instant replay si deve ad Art NcNally, dirigente responsabile della categoria arbitrale del tempo, che provò artigianalmente (con una telecamera, un cronometro ed un televisore) una procedura di revisione immediata, filmando e rivedendo azioni di un Monday Night del 1976 tra Dallas Cowboys e Buffalo Bills.
L’instant replay venne introdotto nel 1986 (dopo una lunga sperimentazione offline, iniziata nella preseason del 1985) ma abbandonata ufficialmente nel 1992, giustificando questa scelta sulla base della lunghezza delle partite e sulla contestazione delle modalità: anche nella NFL le review potevano essere chieste ed iniziate solo dagli ufficiali di gara.

C’è qualcosa che vi suona non nuovo?

L’instant review nel football americano nacque esattamente come in ambito calcistico il VAR: uno strumento a disposizione degli arbitri e non utilizzabile a richiesta di allenatori e/o società.
Lo scontro tra le varie fazioni (il sistema doveva essere votato ogni singola stagione e, naturalmente, le franchigie cambiavano opinione da un anno all’altro sulla base delle decisioni contestate favorevoli o sfavorevoli) si esacerbò a tal punto che, nel 1991, i proprietari votarono contro la conferma del sistema per la stagione 1992 che si svolse senza tecnologia di supporto.

Nelle prime 6 stagioni (tutte caratterizzate dalla disponibilità della review da parte dei soli arbitri, senza alcuna possibilità di richiesta dei coach) il numero di revisioni si assestò tra un minimo di 1,6 (1986) e 2,5 (1991)

statistiche primi anni instant replay

Norman Braman, proprietario del Philadelphia Eagles, dopo la bocciatura della tecnologia affermò: “Fondamentalmente (l’instant replay) era una grande teoria che non ha funzionato nella pratica“.
Per contro Jim Finks, presidente della NFL, si dichiarò contrario all’abolizione, ritenendo che il sistema avrebbe dovuto essere implementato, non abbandonato, dichiarando: “personalmente reputo che questo rappresenti un grande passo indietro, ci saranno molte più pressioni sui ragazzi in campo“, riferendosi sia ai giocatori che, soprattutto, agli arbitri.

Il sistema venne abbandonato del tutto fino al 1996, nonostante nel quinquennio si fosse continuato a discutere sull’opportunità di rivedere la decisione adottata, seppur introducendo delle novità sostanziali.

Nel 1996 fu autorizzata una nuova sperimentazione, per la precisione in 8 gare della preseason, sulla base di un semplice schema attuativo: ogni allenatore avrebbe avuto a disposizione tre challenge per tempo. Ogni challenge avrebbe avuto un costo pari ad un timeout che sarebbe stato perso in ogni caso.

I proprietari, riunitisi come da consuetudine alla fine della stagione per decidere nuovamente sulla reintroduzione dell’instant replay, si dichiararono per gran parte sfavorevoli, basando la propria scelta sull’inammissibilità di un scambio alla pari “un challenge = un timeout sacrificato”, ritenendo iniquo che si dovesse rinunciare ad un timeout (fondamentali, anche a livello puramente tattico, in questo sport) per poter intervenire a correzione di un una erronea chiamata arbitrale.

Ciononostante, ormai assodato che una Lega che muoveva miliardi di dollari non potesse essere condizionata da un errore arbitrale, la discussione continuò fino al 1999, stagione nella quale l’instant replay entrò nuovamente (ma non ancora definitivamente, come vedremo) nella NFL. L’accordo venne raggiunto sulla base di 3 regole fondamentali, ancor oggi in vigore ma con alcune marginali modifiche:

  • Per minimizzare le lungaggini, la Lega tagliò il numero di challenge per tempo da tre a due;
  • Gli allenatori, invece di perdere un timeout per ogni singola review ed a prescindere dall’esito, avrebbe conservato il timeout stesso nel caso in cui la decisione fosse stata ribaltata;
  • Tutte le decisioni assunte negli ultimi due minuti di gioco di ogni tempo sarebbero state oggetto di review da parte degli arbitri

Il concetto fondamentale su cui si trovò un accordo tra le varie parti è senza dubbio il secondo: ritenuto iniquo lo scambio tra un timeout ed una review, tale prassi si trasformò da scommessa ad investimento, ulteriormente amplificando la responsabilità in capo all’head coach.

Nel 2004 la tecnologia fu confermata a larga maggioranza, con l’introduzione di una ulteriore novità:

  • Nel caso in cui il primo challenge fosse andato a buon fine, sostanzialmente portando gli arbitri a modificare la decisione assunta in campo, gli allenatori avrebbero avuto a disposizione un terzo challenge.

Nel 2009, dopo oltre 30 anni di sperimentazioni più o meno di successo, i proprietari adottarono definitivamente l’instant replay, con una maggioranza schiacciante di 30 voti a favore e solo 2 contrari.

Ulteriore innovazione è l’istituzione, presso la sede della NFL a New York, di una centrale unica per le review, intitolata proprio a quell’Art McNally che, per primo, intuì la fattibilità di uno strumento che consentisse agli arbitri di rivedere, rivalutare ed eventualmente cambiare una decisione assunta in campo. La centrale operativa, non a caso, si chiama Art McNally Gameday Central, guidata da un supervisore nominato dalla NFL stessa:

NFL Art center

Dal 1999 ad oggi, l’instant replay è diventata una delle caratteristiche della NFL, non più vista come una rivoluzione culturale ma come elemento imprescindibile della competizione.

I dati a disposizione (ed aggiornati fino al SuperBowl del 2017, che fa parte della stagione 2016) sono i seguenti:

stat NFL IR

Come possiamo notare, nonostante gli head coach abbiano a disposizione fino ad un massimo ipotetico di 10 challenge a partita, la media si è assestata a 1.3, un numero davvero ininfluente sulla durata complessiva di ogni singolo evento.

E’, dunque, questa la strada giusta, quella che anche il calcio dovrà seguire?

Piano con gli entusiasmi…

Per quanto i dati possano sembrare incontrovertibili, basta un elemento oggettivo per rendersi conto di come non sia affatto facile ottenere gli stessi risultati: il calcio è uno sport completamente differente dal football americano.

Qualcuno penserà: il calcio è uno sport molto più semplice del football americano, è certo che il calcio avrebbe risultanze ancora migliori dall’applicazione delle loro regole di ingaggio.
Nulla di più falso.
Per quanto il football americano possa apparire complesso, in realtà è uno sport complesso per chi lo osserva per la prima volta ma sostanzialmente molto lineare.
Concetti come “holding“, “unnecessary roughness“, “pass interference” o “delay of the game” assomigliano più a cirillico antico che all’inglese per un novizio del gioco ma, una volta assimilati, risultano piuttosto semplici e di non difficile interpretazione.

Il calcio, al contrario, è uno sport molto più complesso, ove i contrasti assumono un contorno completamente differente, con confini di punibilità molto più labili rispetto a quelli del football americano. Oltre a ciò esistono enormi differenze: ogni squadra ha, in linea di massima, tre squadre titolari (attacco, difesa, special team), non esistono le sostituzioni (o quasi, inutile scendere nei particolari), il tempo è semieffettivo, ci sono i timeout (arma tattica fondamentale e, dunque, preziosissima).

Ha senso, perciò, pensare di importare l’instant replay così come concepito negli Stati Uniti, con particolare riguardo ai challenge degli allenatori?

In linea di massima “sposo” la tesi evidenziata dall’IFAB:

VAR coaches

Un eventuale challenge a disposizione degli allenatori verrebbe utilizzato più come tattica di gioco che come effettiva necessità di rivedere un’azione controversa.

Ciononostante è utile porre sui piatti della bilancia i vari PRO e CONTRO di un’eventuale scelta di questo genere, per consentire a chiunque di riflettere sulle conseguenze positive e sulle tante criticità che intravvedo.

Elementi a favore:

1 – La disponibilità agli allenatori di un certo numero di challenge (due per tempo? Uno? Tre?) eliminerebbe definitivamente la discrezionalità nella valutazione degli arbitri (sia davanti al VAR che in campo) in merito alla definizione dell’errore (chiaro? Evidente? Possibile? Probabile?). Delegando agli allenatori la possibilità di chiedere agli arbitri di rivedere un’azione solleverebbe da tale incombenza gli arbitri stessi, non più in palese imbarazzo nei confronti dei colleghi in campo. Oggi, infatti, il vero problema è che la formula scelta dall’IFAB pone il VAR nella condizione di poter intervenire solo nel momento in cui ritenga che il collega abbia compiuto un errore evidente.

2 – Gli allenatori ed i giocatori verrebbero maggiormente responsabilizzati. In campo non è certo un’eccezione ma la normalità osservare addetti ai lavori lamentarsi per situazioni di gioco perfettamente valutate ma, spesso, contestate più per mettere in difficoltà gli arbitri o per crearsi un alibi per un risultato non soddisfacente. Affermazione che, mi rendo conto, può apparire fuori luogo ma, se vogliamo essere obiettivi, spesso incontrovertibile: sarà che, nell’esperienza di campo, ho sentito migliaia di volte affermazioni come “è il primo fallo!“, “ho preso palla” oppure “non era fuorigioco“, magari da un calciatore a 40 metri dall’azione. Un challenge affidato agli stessi soggetti sempre pronti alla protesta potrebbe oggettivamente responsabilizzarli, portandoli a comprendere quanto complesso sia dirigere una gara.

3 – Gli addetti ai lavori, giocatori compresi, sarebbero costretti a conoscere perfettamente le regole del gioco. Anche questa può apparire (ed è) un’affermazione politicamente scorretta ma è la pura verità: a fronte di alcuni addetti ai lavori che ben conoscono la materia del contendere (il tanto citato e mai realmente conosciuto Regolamento), gran parte di allenatori e calciatori hanno una conoscenza solo basilare delle regole. Non si pensi che espressioni come quelle sopra indicate (“ho preso palla”, “è il primo fallo” ecc.) siano strumentali, tanti si esprimono in tal modo perché certi delle proprie convinzioni. Così come molti assumono come dogmi regolamentari dizioni quali “disponibilità del pallone” o “fallo di mano involontario” che non esistono, non sono mai esistite e mai esisteranno.
Per chiamare un challenge sarà necessario conoscere fin nelle pieghe il regolamento, onde evitare di sprecare un’opportunità per una valutazione ritenuta sbagliata sulla base di leggende metropolitane entrate a far parte del novero delle certezze acquisite.

Elementi a sfavore

A – Se nella NFL un buon limite posto alla chiamata casuale dei challenge è da rinvenire nella perdita di un timeout, nel calcio come potrebbe essere punita una richiesta di review avventata o, peggio, studiata a tavolino per motivi tattici (si pensi alla necessità di rifiatare, all’ipotesi di una squadra in inferiorità numerica per risistemarsi in campo ecc.)? E’ questo il punto sul quale ha riflettuto l’IFAB (dopo aver interpellato calciatori, dirigenti e tecnici di varie società), bocciando l’ipotesi. In realtà il problema potrebbe essere bypassato. In che modo? Si potrebbe pensare, in caso di review sfavorevole, alla perdita di una sostituzione (e sappiamo quanto fondamentale possa essere un cambio per le sorti di un incontro), impedendo la review stessa alle squadre che abbiano già esaurito i cambi.

B – Su quali episodi sarà consentito chiedere una review?
Può apparire un argomento molto marginale ma è esattamente il contrario. Dobbiamo rimanere con i paletti fissati dall’IFAB? Oppure possiamo ipotizzare un numero maggiore di fattispecie sottoponibili a review come ammonizioni, calci di punizione in ogni zona del campo, calci d’angolo erroneamente assegnati? Il rischio, concreto, è che le gare possano diventare molto più frammentate di quel che non sono attualmente con l’utilizzo del VAR a sola disposizione degli arbitri. Si pensi, per esempio, a calciatori che ritardano una ripresa di gioco per attendere la decisione della panchina…

C – Nel caso in cui un allenatore abbia già esaurito le possibilità di challenge, cosa accadrebbe se un episodio decisivo dovesse essere mal valutato dall’arbitro? Sarebbe impossibile modificare una decisione, nonostante la stessa dovesse apparire errata al mondo intero. Possiamo ipotizzare la disciplina della NFL, con review automatiche negli ultimi (per esempio) 15 minuti di gara? Ipotesi azzardata dato che, come sappiamo, una partita può essere decisa anche da un calcio di rigore a 16 minuti dalla fine, episodio che rimarrebbe decisivo e non rivedibile in caso di mancanza materiale di challenge.

D – Nuovo aumento delle proteste e degli odiosi capannelli. Questa sarebbe una conseguenza inevitabile nel caso in cui dovesse accadere qualcosa di uguale o simile a quanto ipotizzato al punto precedente. In caso di mancanza di challenge disponibili, è più che scontato che si ritornerebbe alle (poco) care e (molto) fastidiose proteste sistematiche per ogni decisione dubbia e/o contestata. Dopo aver ottenuto un successo enorme con l’utilizzo attuale del VAR, siamo sicuri che valga la pena tornare a vedere gare contraddistinte da proteste plateali ad ogni fischio?

E – Tempi.
Questione molto complessa: entro quanto tempo dall’azione contestata un allenatore potrebbe chiedere l’interruzione del gioco e la revisione di un episodio? 20 secondi? 30 secondi? Un minuto?
Strettamente collegata a tale problematica la successiva:

F – Sulla base di cosa fondare una richiesta di review? La semplice sensazione di campo (allenatori, dirigenti, calciatori) oppure la possibilità di basarsi anche su immagini riviste da persone a ciò specificamente adibita? Certo, sarebbe semplicissimo affermare: “Ma no, si devono basare su quello che vedono, non su eventuali replay visti su un tablet in tribuna”.
Ebbene, sappiate che nella NFL funziona proprio così: ogni squadra ha a disposizione un team di esperti che, in occasione di episodi dubbi, analizzano in tempo reale le immagini a disposizione, comunicando all’head coach se lanciare l’ormai celeberrimo fazzoletto rosso:

fazzoletto rosso

D’altro canto sarebbe quantomeno anacronistico pensare che, nell’era della digitalizzazione, gli allenatori non possano ascoltare suggerimenti di qualcuno posto dietro alla panchina con un tablet in mano, nelle condizioni di poter rivedere in tempo reale un’azione (si pensi a SkyGoPlus, servizio che consente di far scorrere avanti ed indietro le immagini “live”). Non è certo un caso che Collina stesso abbia ipotizzato di consentire ai tecnici di portare in panchina tablet con i quali visionare dati statistici ritenuti importanti per la gara in corso.

G – Immagini disponibili.
Avete presente le polemiche (sempre da bar) sulle immagini a disposizione degli arbitri VAR?
Ecco, gli arbitri le hanno tutte.
Vi pare difficile immaginare eventuali polemiche nell’ipotesi in cui la regia della gara non proponesse immediatamente il replay dalla giusta inquadratura per chiamare il challenge? Avremmo chiamate inutili “perché la regia non mi ha fornito le immagini ed ho dovuto rischiare” oppure chiamate mancate “perché la regia non mi ha fornito le immagini”. Non se ne uscirebbe più a meno che…

H – Aumento dei costi.
Se anche gli arbitri VAR dovessero essere aboliti, non si può pensare che i challenge potrebbero giustificare una diminuzione degli occhi sulla gara. Probabilmente si tornerebbe alla figura degli addizionali ma ciò non impedirebbe un aumento dei costi per le società.
Quali?
Ovviamente non si potrebbe affidare una richiesta di review ad un giardiniere della società ma sarebbe necessario acquisire i servigi di esperti del settore (quei famosi moviolisti da tanti richiesti nelle cabine VAR che diverrebbero dipendenti di società per scovare episodi a favore da revisionare) in grado di intuire fattispecie mal valutate dall’arbitro. Oltre a ciò ogni società dovrebbe gestire una sorta di regia offline, cioè non utilizzata per offrire le immagini alle televisioni ma necessaria per avere a disposizione quelle stesse immagini per valutare se un episodio possa avere valenza o meno quale oggetto di review.

Ne vale la pena? Oppure sarebbe meglio migliorare quel che già abbiamo?
Non mi esprimo, sarebbe sbagliato imporre la propria idea ma sarò molto felice di leggere le vostre riflessioni.

Riflessioni ragionate, mi raccomando…

2 commenti
  1. Carlo
    Carlo dice:

    Io sono della opinione che il calcio sia molto più simile al basket (poi si capisce meglio cosa intendo) e che la via da intraprendere sia quella della NBA.
    Nel basket, nonostante sia definito “no contact game”, ci si “mena” come fabbri, nel senso che i contatti sono decine in ogni azione e si è sempre su un labile confine tra fallo della difesa, fallo dell’attacco o azione regolare.
    Vista al replay ogni singola azione potrebbe essere interpretata in modi diametralmente opposti.
    Ecco che per me nel calcio, specie in situazioni di “palle inattive”, si troverà sempre almeno un difensore che trattiene e l’attaccante che spinge.
    Quali contatti siano punibili in base alla loro entità è una decisione che spetta agli arbitri ma che non troverà mai concordi gli appartenenti alla squadra “danneggiata”.

    Soluzione del basket? Applicare il review solo agli episodi “geometrici”. Cioè, palla dentro/fuori, ultimo tocco della palla uscita, tiro entro lo scadere del tempo, tiro da due o da tre punti.
    I falli non sono minimamente presi in considerazione, avrebbero sempre tutti ragione.

    Ah, essendo situazioni ben codificate, gli arbitri controllano i replay in completa autonomia, quindi senza challenge, ma non hanno problemi a farlo spesso e comunque giocatori e allenatori ne richiedono tranquillamente l’intervento senza che la loro sia una richiesta ufficiale ed obbligatoria.

  2. Renzo
    Renzo dice:

    Secondo me per il calcio la cosa giusta sarebbe un mix delle due soluzioni.
    VAR come adesso (con un arbitro in regia che guarda tutto) più uno o al massimo due challenge al capitano e/o all’allenatore.

    In queste 20 giornate ci sono stati si e no 5 casi davvero controversi di “mancata revisione”, 5 casi su 200 gare.
    Un challenge per squadra basterebbe ad ovviare a quelle situazioni in cui per tutti l’azione DEVE essere rivista, e per l’arbitro al VAR non è un chiaro errore.

    Le polemiche tipo Juventus-Torino di coppa Italia sarebbero ugualmente in auge, ma la discrezionalità finale dell’arbitro in campo è un cardine del gioco. Per contro avrebbero bloccato tutti i casi di mancata review perchè quello in campo era particolarmente sicuro di quello che aveva visto e/o quello in regia non ha avuto la personalità per consigliare un OFR ad un caso che era solo l’80% un chiaro errore.

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